di Irene Auletta
Proprio ieri, guardando una foto di mia figlia, mi hanno ricordato che un medico antroposofo anni fa, a proposito del suo sguardo, disse “viene da lontano”.
Non ebbi allora la prontezza di chiedere come sono i bambini che arrivano “da vicino” forse perché in cuor mio già la sentivo una figlia che mi avrebbe fatto attraversare mondi di esperienze e di significati.Ma l’esperienza di diventare ed essere genitori non offre a tutti la medesima possibilità?
Quanti di noi guardando le prime ecografie e poi il proprio figlio appena nato hanno avuto la sensazione di trovarsi di fronte ad un vero miracolo?
Forse, anzi quasi certamente, quel medico voleva anche dire altro, ma mi piace l’idea di trattenere qui solo alcuni aspetti della sua affermazione per parlare delle misure dell’incontro tra genitori e figli.
Perché di incontro si tratta e troppo spesso rischiamo di dimenticare che il bello e’ di scoprirsi e conoscersi pian piano, di non darsi per scontati e di non abbandonare la meraviglia della sorpresa che può risultare’ offuscata dalle nostre aspettative deluse.
In fondo, ripescare quel commento e quel ricordo, ha dato voce, dopo parecchi anni, alla domanda “che figlia sei ?” .
Può essere che ogni genitore abbia in mente lo stesso interrogativo che magari ogni tanto fa capolino in particolari occasioni della sua storia.
Ricordarlo, o anche solo provare a nominarlo, può essere un modo per riportare alla memoria le tracce dell’incontro, le sorprese della nuova conoscenza e il proprio essere e percepirsi in una storia che si costruisce e si protegge narrandosi.
Te l’ho già raccontato figlia mia? Quando eri piccola un medico guardandoti ci disse….
Figli da lontano
10 giugno 2012
Cronache Pedagogiche, Irene Auletta figli, fotografie, lontano, medici, meraviglia, sguardi, sorpresa 2 commenti
Giu 10, 2012 @ 20:41:06
quando è nato il mio secondogenito ho avuto tanta paura, che potesse avere la stessa sindrome della sorella. A sera, quando me lo portarono finalmente in camera, lo guardavo estasiata, era bellissimo, con gli occhioni ben aperti e con i capelli dritti in testa come un punk. Il mio sguardo non era diretto solo all’estetica, ma era uno sguardo che andava al di là, era penetrante, e fu in quel momento che mi feci la domanda…che figlio sei, e che figlio sarai, mi farai penare come tua sorella oppure le mie pene questa volta saranno diverse, non indefinite e inaspettate come lo sono state e lo sono tutt’ora con tua sorella. In quel momento speravo solo, che fosse un figlio sano, che sarebbe stato uno di quelli che avrebbe seguito la retta via, che avrebbe accolto bene i valori che gli avremmo trasmesso. Ricordare quell’incontro per la prima volta con lui mi fa affiorare emozioni contrastanti, di sorpresa, di aspettative, di speranza….A distanza di anni, ogni tanto me la ripeto quella domanda, ma ad alta voce, per avere una risposta, una risposta da lui, lui che è diventato il mio ometto sensibile e buono, che segue quella retta via, e che accoglie ogni giorno i valori che gli trasmettiamo. La risposta alla mia domanda, non poteva essere altrimenti, e questo grazie anche alla sorella, che nel tempo con il suo comportamento, gli ha fatto capire che bisogna essere così, per amor proprio e del prossimo.
Giu 10, 2012 @ 21:25:15
E’ sempre bello ritrovarsi nelle stesse domande ed è un piacere sentire che nei tuoi figli hai trovato le tue risposte.