di Irene Auletta

Chi di noi non ricorda nella propria storia di vita o formativa qualcuno che ha avuto, senza alcun dubbio, un ruolo di maestro? Che fine ha fatto nella nostra memoria?

Io ci penso spesso e devo dire che, per anni, queste sono state le domande fatte ai miei studenti il giorno del nostro primo incontro.

Così non ho perso l’abitudine di ripensare ai miei.

Mio padre che mi ha insegnato a non smettere di cercare e mia madre che, tra tante altre cose, mi ha insegnato il valore dell’allegria, quando tutto sembra nero.

I miei nonni, tutti, ciascuno per una peculiarità. L’amore per i fiori, il piacere di mettere le mani in pasta, l’osservazione di ciò che ci circonda, un ascolto quieto.

La mia maestra delle elementari, con i suoi incredibili capelli rossi raccolti sulla nuca e un sorriso sempre pronto, gentile e rispettoso, verso tutti i bambini della classe e la mia professoressa di italiano delle scuole superiori che, senza dubbio, mi ha insegnato ad amare i libri e le storie delle persone che attraversano.

Andrei anche oltre con l’elenco ma, in realtà, questi accenni mi aiutano a parlare di qualcos’altro che proprio negli ultimi tempi ho ritrovato più volte sulla mia via.

Maestri riconosciuti fino a poco tempo prima come eroi infallibili, con punte a volte davvero stucchevoli, trasformati in incapaci soggetti da cui prendere solo distanza o semplicemente, di cui fare solo l’elenco delle mancanze incomprensibili e raramente accettabili.

I maestri sono essere umani e questo l’ho imparato negli anni, proprio grazie all’incontro con alcuni di loro e alle loro straordinarie mancanze.

Mi hanno aiutato a riconoscere e tollerare anche le mie, di mancanze, lasciando spazio a tutto il resto.

Mi piace pensare di aver fatto lo stesso, e di poterlo fare ancora, con le persone che incrocio nel mio percorso, sperando che non vogliano farmi fuori appena intravedono un mio limite.

Chi, come me, si occupa di educazione a vario titolo, con alcune faccende deve farci i conti, personalmente.

Credo che si possa insegnare molto e che trovare maestri sulla propria via, sia un buon augurio per chiunque.

Forse la psicoanalisi ci ha insegnato che ogni tanto qualcuno bisogna anche “ucciderlo” per poterci fare spazio nella nostra vita.

Mi piace pensare che, come educatori, si possa continuare a sollecitare, per chi ci sta vicino, un elenco dei propri maestri, con la consapevolezza che, fino all’ultimo giorno della nostra storia, qualcuno si potrà sempre aggiungere.

Con molta umanità.