Chi di noi non ricorda nella propria storia di vita o formativa qualcuno che ha avuto, senza alcun dubbio, un ruolo di maestro? Che fine ha fatto nella nostra memoria?
Io ci penso spesso e devo dire che, per anni, queste sono state le domande fatte ai miei studenti il giorno del nostro primo incontro.
Così non ho perso l’abitudine di ripensare ai miei.
Mio padre che mi ha insegnato a non smettere di cercare e mia madre che, tra tante altre cose, mi ha insegnato il valore dell’allegria, quando tutto sembra nero.
I miei nonni, tutti, ciascuno per una peculiarità. L’amore per i fiori, il piacere di mettere le mani in pasta, l’osservazione di ciò che ci circonda, un ascolto quieto.
La mia maestra delle elementari, con i suoi incredibili capelli rossi raccolti sulla nuca e un sorriso sempre pronto, gentile e rispettoso, verso tutti i bambini della classe e la mia professoressa di italiano delle scuole superiori che, senza dubbio, mi ha insegnato ad amare i libri e le storie delle persone che attraversano.
Andrei anche oltre con l’elenco ma, in realtà, questi accenni mi aiutano a parlare di qualcos’altro che proprio negli ultimi tempi ho ritrovato più volte sulla mia via.
Maestri riconosciuti fino a poco tempo prima come eroi infallibili, con punte a volte davvero stucchevoli, trasformati in incapaci soggetti da cui prendere solo distanza o semplicemente, di cui fare solo l’elenco delle mancanze incomprensibili e raramente accettabili.
I maestri sono essere umani e questo l’ho imparato negli anni, proprio grazie all’incontro con alcuni di loro e alle loro straordinarie mancanze.
Mi hanno aiutato a riconoscere e tollerare anche le mie, di mancanze, lasciando spazio a tutto il resto.
Mi piace pensare di aver fatto lo stesso, e di poterlo fare ancora, con le persone che incrocio nel mio percorso, sperando che non vogliano farmi fuori appena intravedono un mio limite.
Chi, come me, si occupa di educazione a vario titolo, con alcune faccende deve farci i conti, personalmente.
Credo che si possa insegnare molto e che trovare maestri sulla propria via, sia un buon augurio per chiunque.
Forse la psicoanalisi ci ha insegnato che ogni tanto qualcuno bisogna anche “ucciderlo” per poterci fare spazio nella nostra vita.
Mi piace pensare che, come educatori, si possa continuare a sollecitare, per chi ci sta vicino, un elenco dei propri maestri, con la consapevolezza che, fino all’ultimo giorno della nostra storia, qualcuno si potrà sempre aggiungere.
Con molta umanità.
Gen 10, 2012 @ 14:49:51
Che sia il momento per parlarne?
http://pontitibetani.org/2012/01/08/dei-veri-saggi-sapienti-soloni-e-presuntuosi-storici-e-le-donne/
Gen 10, 2012 @ 18:16:24
Che dire….un bello sguardo sulla saggezza! Io di maestri ne ho incontrati e ne incontro molti…credo sia fortuna ma anche “voglia” di incontrarli…ma cerco di non divinizzarli: umanizzando loro, umanizzo anche un po’ me stessa 🙂
Come scrive Ponti i veri saggi hanno forse una quota di umiltà o di “semplicità” apparente, non sono “tromboni”, ma insegnano testimoniando e imparando.
Gen 10, 2012 @ 20:55:21
Sì, è bello iniziare un cammino con le persone chiedendo quali sono i loro maestri: le risposte dicono molto… più di quanto si possa immaginare.
Allora ci sto anch’io e …se ci penso bene devo riconoscere che i miei veri maestri sono pochi , ma preziosi. Penso ai maestri di casa che sanno della vita senza avere viaggiato, che raccontavano del mondo senza avere studiato che conoscono il valore dello stare insieme perchè sanno stare in solitudine; penso volentieri anche ai maestri di scuola e quelli più amati sono certo quelli che sanno molto, sanno parlare,sanno ascoltare, sanno intuire, ma non ti fanno pesare le loro doti e quasi se ne scusano schivi. Sono pronta ad adottare nuovi maestri, ma solo se toccherò con mano la semplicità,la lealtà ed il rispetto profondo perchè questi sono i silenziosi insegnamenti che miei maestri mi regalano e mi hanno regalato nel tempo.
P.s. Leggerò volentieri il tuo libro, Igor.
La tua alunna Emanuela
Gen 10, 2012 @ 21:21:16
Si Irene, quello che scrivi mi ricorda uno scambio avvenuto in questi giorni. Mi sto interrogando molto sul tema in questo periodo…forse proprio per quello che è accaduto. Ripensadoci in questi giorni mi sono resa conto che è un processo molto complesso quello che tematizzi dei maestri tra divinità e mostri…e ho ripercorso nella memoria il nostro incontro tra te maestra e io allieva. Già incontrare un maestro, permettergli di insegnarci delle cose, riuscire a giocare la nostra parte di responsabilità per farcene qualcosa di quello che lui ci sta provando a mettere a disposizione nell’aiutarci a crescere è già un impresa! In più a questa fatica devi valorizzare la tua fatica e la sua nel stare all’interno di questa impresa, accettare di essere mancante e riconoscere poi le crescite avvenute. Non è una roba da poco. Ed è proprio per questo, quando accade l’incontro con un maestro che riconosciamo, l’umiltà potrebbe esserci d’aiuto a farci gustare la straodinarietà di questo incontro avvenuto e ciò che ha permesso! E di proteggerlo per non infangarlo!!!!!! Uno degli aspetti più dolorosi che sto sentendo in questo periodo professionale nel ruolo assimetrico di insegnante è quello di sentire fortemente le pressioni degli altri e i giudizi pesanti su come dovrei essere, sugli errori che non avrei dovuto commettere e sul restutuirmi come “il problema”…c’è tanta disumanità in quei gesti a volte anche poco consapevoli. …come dici sembra che sia difficile accettare la dimensione umana dell’essere umano e quindi anche del maestro. Ci lavorerò ancora….
Gen 11, 2012 @ 06:36:50
Stamane pensavo che la divinità e il mostro sono forse parte della stessa medaglia. Questa intuizione mi sta spingendo ad aver voglia di lavorarci sopra per capire! Due anni fa ad uno spettacolo teatrale di Cesar Brié sono venuta a conoscenza delle difficoltà che stava attraversando con la sua compagnia teatrale in un momento di difficoltà sua. Quest’uomo molto carismatico, geniale, generoso, attore riconosciuto nel circuiti teatrali mondiali ha costituito un teatro in Bolivia dove ha cresciuto professionalmente campesinos, attori italiani e di altre nazionalità creando lavori di ricera che terminavano in spettacoli. E poi qualcosa è successo..il gruppo si è sentito minacciato da un cambiamento inaspettato e a direzionato la responsabilità al capo. Cosa li ha divisi, cosa ha fatto si che l’unica scelta che questi allievi hanno saputo trovare è stata quella di ucciderlo per sentire la loro crescità? Tante incomprensioni non chiarite? Ma di chi è la responsabilità? In quella situazione ho avuto davanti a miei occhi la lacerazione! Ho provato tanta pena e solidarietà umana per questo uomo che ha dato la vita e l’anima e la sua genialità al servizio degli altri e ora nessuno stava riconoscendo la preziosità di tanto lavoro sulla bilancia delle difficoltà e dei dolori che comunque provi in questi percorsi. Dientro ad alcuni litigi che stavano accadendo tra lui e gli altri della compagnia leggevo tanto affetto e riconoscimento che però aveva assunto un volto di ricriminazione reciproca..uno di questi allievi ritenuto il suo figlioccio non voleva fargli avere il costume di un personaggio, voleva tenerselo! Era come dire in questa spartizione di beni questo oggetto caro che è parte della storia del nostro incontro non riesco a dartelo…ma nessuno ha usato queste parole. Il gruppo si è alimentato contro di lui a scapito anche dei pensieri individuali di ognuno. Filippo che tu conosci mi ha raccontato che è stato in Bolivia un mese fa e che la proprietà del teatro è stata suddivisa in due parti con un muro e un filo spinato…anche questo dice che le molte difficoltà incontrate non hanno trovato le parole per raccontarsi nel linguaggio della preziosità reciproca, che c’è stata Irene, te lo assicuro!
Gen 11, 2012 @ 13:28:07
ciao Igor,
ti scrivo da Trodena – Val di Fiemme, sempre nella speranza che una volta o l’altra sarai con noi alla settimana laboratorio.
Ora abbiamo anche la possibilità di ospitarti con famiglia in un appartamentino vicino al a noi.
Che dire ??auguroni speriamo che siano tanti a leggere la terza edizione, io lo comunico ai ..nostri papà.
Luigina grillo generoso
ass. sindrome x fragile
Gen 11, 2012 @ 17:18:01
Grazie ai vostri commenti mi pare proprio che gli spunti del mio post siano andati oltre, aprendo nuove vie di pensieri e riflessioni.
Leggere di saggezza, sincerità e semplicità mi ha fatto pensare a condizioni e caratteristiche che di certo fatico a vedere come punto di partenza … forse diventano un’orizzonte, se non proprio una meta.
Che solo chi possiede alcune caratteristiche possa insegnare mi pare un confine troppo severo e forse anche poco realistico.
Può essere che proprio insegnando si possano acquisire alcuni degli aspetti che sottolineate e che anche il fatto di non sentirsi affatto umili, saggi e semplici possa essere già un interessante punto di partenza?
Mi piace pensare che sia così e che l’insegnamento sia una vita con diverse tappe e che ogni volta, grazie al fatto che si insegna, si impara qualcosa su di sè e sulla possibilità di continuare a farlo (anche rispetto alla fatica del riconoscimento a cui faceva cenno Luigina).
Gen 11, 2012 @ 22:02:26
Credo Irene che questo sia un punto…ovvero, se ho capito, riuscire a riconoscere un maestro (e anche a riconoscersi maestro per qualcuno), un incontro che insegna, dipende molto di più da quello che riesci a fartene di quest’incontro che della persona in sè…è una prospettiva oltre che più realistica anche con un altro paradigma, è “relazionale” e un po’ lontana dal “culto della personalità” (nelle sue forme positive o negative) che spesso crea i cortocircuiti di cui scrivi…che fanno assolutamente parte del gioco…ma che insegnano nella misura in cui si prova ad imparare da quell’esperienza….un bel tema!
Gen 15, 2012 @ 11:21:54
Mi chiedo se non esista anche un bisogno antropologico di uccidere simbolicamente padri e maestri, per il timore di nn esistere o di non emergere o emanciparsi senza di essi, cha va a cozzare con il bisogno di continuare ad imparare da chi ha un sapere che si va raffinando. In questa fase culturale abnorme dove tra vecchi che stanno ancorati alle poltrone, dove i giovani diventan vecchi senza spazi di emancipazione, senza aver voce … il problema si acuisce, e la globalizzazione e i new media vanno rendendo ancora più complesso lo scenario, veri e effimeri maestri si vanno sovrapponendo, rendendo difficile la visibilità e la definizione di uni ed altri, nuovi saperi e stili si vanno sovrapponendo… Creando uno scenario davvero variegato e relativo.
Mi sembra che la prospettiva espressa da Luigina di saper trattenersi su ciò che permette l’incontro sia basilare, ma sento che non basta. Sento che interrogarsi su saggi, maestri, (se permettete inserirei anche il tema di genere sulle “maestre”) nel tempo dei saperi diffusi, al tempo del web, e della crisi sia altrettanto basilare …
Gen 15, 2012 @ 14:03:00
Si Monica, mantenere aperta una riflessione e una ricerca di significati mi pare una bella sfida, oggi più che mai.
Il desiderio/bisogno di “uccidere” ci sta anche ma il problema è se di questo possiamo farcene qualcosa, soprattutto noi che abbiamo voglia di continuare a insegnare e ad imparare…. per fortuna per il resto ci sono anche gli psicologi con i quali possiamo condividere parte della storia.
Forse tra le righe uno dei miei quesiti era proprio questo: i maestri, che se ne fanno dei loro maestri o maestre?
Gen 15, 2012 @ 14:07:00
”ERO INTELLIGENTE E VOLEVO CAMBIARE IL MONDO. ORA SONO SAGGIO E STO CAMBIANDO ME STESSO” -Dalai Lama
Gen 19, 2012 @ 06:38:16
Anch’io Monica credo che non è tutto nell’incontro tra allevio e maestra/o e nel trattenere cosa permette. Credo che sia fondamentale anche che quello che un’allievo impara insegnando lo riporti all’interno della relazione con il/la proprio/a maestro/a. Ed è questo che ho tentato e tento di fare da lunghi anni nel mio percorso formativo. E’ nell’intreccio tra queste due cose che può essere sempre più reso comprensibile a se stessi la parte dell’insegnare imparando e dell’imparare e di praticarlo oltre a conoscerlo. Sulla pelle ho provato cosa vuol dire incontrare nel ruolo asimettrico che mi ha detto “che solo chi possiede alcune caratteristiche può insegnare” e anche a me è sembrato un confine troppo severo e forse anche poco realistico. In quelle situazioni mi sono detta….questo vale per tutte noi o solo per qualcuno e in certe occasioni??!! Poi si va avanti e l’unica possibilità che ci rimane è proprio quella di lavorare su di sè. Spesso guardandomi indietro ringrazio di aver trovato sulla mia strada dei maestri…ero e sono tutt’ora alla ricerca di questi possibili incontri!