E’ un dono. Ci risiamo. Pensavo di aver chiuso la partita a pagina 69 del mio libro, ma evidentemente non è così. “E’ un dono” mi ripete con un sorriso incongruentemente dolce mister muscolo. Sono in ascensore, non posso scappare, non c’è il tempo per chiedergli di argomentare e non posso picchiarlo: non c’è spazio ed è troppo grosso. Rispondo “mettiamola così…”, sperando di non colludere troppo, ma anche di mettere un freno alla faccenda. Invece lui rilancia: “e lei è fortunata”. In effetti nel mio libro parlavo del culo che avrei avuto nell’incontrare una figlia come mia figlia. Ora a quanto pare il culo l’ha avuto anche lei. Che famiglia di Gastoni!
Avrei voluto rispondergli così, all’amico anabolizzato. Però, come al solito, mi è venuta troppo tardi. In compenso ho deciso in quell’esatto momento che avrei fondato un nuovo movimento. Un movimento potenzialmente di massa, lanciato verso una trasformazione radicale dei paradigmi dominanti, destinato a cambiare una volta per tutte il modo di pensare l’universo handicap, ma che può pure restare un mio movimento personale senza seguaci, tanto fa lo stesso. Quel che conta è dire ciò che va detto attorno a tutte le narrazioni edulcorate e bonificanti che mielizzano l’atmosfera che poi mi tocca respirare.
Quindi, signori convinti che un figlio disabile sia una prova, un mandato, una missione, un dono, una fortuna, oppure che i figli sono sempre figli e che più o meno i problemi sono uguali per tutti, o anche che ognuno ha i suoi guai e non si possono fare paragoni, #occupateveneunpovoi e poi ne riparliamo.