di Irene Auletta

Devi scegliere tra il dolore e la rabbia. Ogni tanto tuo padre arriva con le sue frasi lapidarie che mi costringono a una frenata brusca, soprattutto quando vengo travolta da quella valanga emotiva che, quando ti riguarda, diventa rovinosa slavina. Ma come si fa?

Ci lavoro da anni e non posso negare i piccoli-grandi traguardi raggiunti, ma in alcuni momenti mi sento come nel gioco del Monopoli e mi ritrovo di nuovo nella casella di partenza. Avete presente quell’indicazione del gioco, a dir il vero un po’ sadica, che indica di ritornare  al via e ripartire dall’inizio? 

Tante volte la vita sembra essere lì a dirti lo stesso, che non hai sbattuto abbastanza forte la testa contro quella difficoltà o quel problema, che non hai incontrato a sufficienza i tuoi limiti o forse, come nel mio caso, che ancora devi aggiungere un pezzo a quella danza bizzarra e crudele in cui ti eserciti da anni, tra dolore e rabbia.

Per me sono sempre state fortemente intrecciate e anni fa una maestra me le indicò come le due facce di una medesima medaglia. 

Lo so bene che in alcuni momenti la tua disabilità rompe un fragile equilibrio e arriva forte come uno schiaffo in faccia, a farsi notare in tutta la sua complessità. In quel momento torna tutto, insieme a me, alla casella di partenza. Le stereotipie, le chiusure, le comunicazioni impossibili, le tensioni, l’urlo muto che chiede aiuto. 

E io sempre lì, che pian piano cado in ginocchio a struggermi impotente. La disabilità vince per un attimo perchè è più forte di me, si svela senza maschere e con la sua forza prova a smantellare tutte le postazioni di tregua e quiete costruire in anni di lavoro tenace, fatto di amore , ricerca, comprensione e … tanto dolore.

Fra poco verrò a prenderti per accompagnarti al tuo corso in piscina. Mai come in questi ultimi mesi i nostri viaggi in aiuto, diretti verso le tue esperienze attivate proprio nel tentativo di offrirti nuove possibilità, sono momenti preziosi di incontro e intensità. Sto pensando alla storia che voglio raccontarti nella speranza che il mio cuore da medicare mi orienti verso strade possibili per incontrarti in quello spazio di quiete che permette di accogliere, comprendere e nutrire nuove occasioni.

Io non mi arrendo figlia e le ginocchia, sbucciate tante volte, guariranno anche stavolta e, mentre accompagno gentilmente la rabbia in quella stanza a lei riservata da molti anni, mi accingo a dare un nuovo tempo anche al cuore.

Sorrido all’immagine di me che, impugnando una mazza da baseball, si scatena nelle peggiori fantasie possibili. Forse fra poco ti racconterò anche questo per ridere insieme e riprenderci un po’ di quella leggerezza che sa fare miracoli, proprio lì, al ritmo di quel battito, tuo e mio.