di Igor Salomone
Pesante leggerezza. Sento Irene pronunciare queste parole mentre siamo diretti alla volta di un B&B sul lago di Garda, quasi all’inseguimento di Luna che sta veleggiando nello stesso momento verso Caorle per trascorrere le prime vacanze della sua vita senza di noi.
Lontani sì, ma almeno avremo dimezzato la strada.
Difficile dire come ci si sente in questi momenti. Ho costruito le mie fortune pedagogiche sul valore del distacco breve ma intenso che una vacanza lontano dalla famiglia produce per la crescita dei ragazzi e delle ragazze. Ma parlavo di ragazzi e ragazze di sei, sette, otto anni. Mia figlia invece di anni ne ha quasi venti e in valigia porta con sé una lista lunga come la fame di cose che i suoi educatori dovranno fare e un’altra altrettanto lunga delle cose alle quali dovranno prestare attenzione.
Il primo risultato di questa nuova esperienza è aver oggettivato la mole impressionante di gesti quotidiani che implica prendersi cura di lei. Quindi ora siamo più leggeri, molto più leggeri, ma appesantiti da una maggiore consapevolezza.
La scorsa notte, del resto, stava per saltare tutto. Luna è stata male nel sonno, qualcosa è andato storto durante la digestione e tra le due e le tre siamo stati occupati con un Risiko di catinelle, stracci, sciacquoni, docce, spazzoloni, pigiami e lenzuola di ricambio. Non avrei puntato un centesimo sulla possibilità che la mattina Luna riuscisse a partire. Per lo meno sino a quando sua madre le ha strappato una risata imitandola nell’atto di tirar su l’anima. Mi son detto vaffanculo! l’ho imitata anch’io, lei ha riso ancora di più e l’ottimismo si è ridestato, dal profondo direi. Si può essere disperati e di buon umore al tempo stesso.
Mi torna alla mente una conferenza alla quale partecipai qualche anno fa dal titolo Il dolore e la gioia. Raccontai che le emozioni legate all’avere una figlia come mia figlia non sono semplici ambivalenze tra momenti di gioia e fitte di dolore: sono gioia dolente e, qualche volta, dolore gioioso.
Insomma, siamo condannati agli ossimori.
Esistono diversi tipi di leggerezza. C’è la leggerezza come assenza di peso, c’è il sollievo che deriva dal togliersi un peso, c’è infine un modo leggero di portarsi appresso una peso. Oggi sto sperimentando un’altra cosa ancora
Guardo il sole tramontare dietro punta San Vigilio smarrendo lo sguardo in direzione della riva opposta di questo lago sconfinato e sento che la gravità mi è amica, che proprio nel peso va cercata la leggerezza e Luna, con la levità assoluta che l’accompagna in una vita caricata oltre ogni misura, me lo insegna a ogni passo.
Sei andata via così, nonostante quella notte sulla schiena, nonostante noi, nonostante la novità assoluta, ignara di quello che stava per succedere eppure pienamente consapevole. Sei andata via così, con quel tuo splendido sorriso, la felicità nel corpo, una curiosità meravigliata nello sguardo. Sei andata via così e io ho pianto, di felicità e di dolore, di orgoglio e di tristezza, di amore per quel che sei e di amore per ciò che non puoi essere. Quante cose riesci a farmi mettere in una lacrima.
Stasera non tornerai, sarai da una parte e noi da un’altra. A viverci tutti un regalo straordinario che per la maggior parte dei genitori è una tappa obbligata mentre noi abbiamo dovuto volerla con caparbietà e cura. Travolti da emozioni inedite e mai ovvie, spesso contraddittorie, apparentemente impossibili da tenere assieme eppure inestricabilmente mescolate. Siamo condannati, ma è una condanna dolcissima.
Giu 13, 2017 @ 13:52:02
” Il cuore si spaura, cioè fa esperienza del mistero, sente a contatto con l’infinito di avere dentro l’infinito, proprio perché è lui stesso siepe da scavalcare, ma non è del tutto siepe, né del tutto infinito, bensì tensione tra due poli: carne e spirito. (…) La speranza è un arte che ha il suo prezzo.”
Alessandro D’avenia