Il bicchiere mezzo...nella tempesta

Talvolta mi chiedono se sono felice. Risponderò raccontando una storia. Anzi, due. Quindi verrà fuori un post piuttosto lungo: accomodatevi e armatevi di pazienza, un discorso sulla felicità non può essere troppo frettoloso.

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Storia numero 1
 

Ieri sono venuti a trovarci i nostri amici di Torino. Conosco Federico da moltissimi anni, abbiamo fatto insieme un pezzo di leva militare nel ’79. Da allora non ci siamo mai persi totalmente di vista, nonostante la distanza. E’ capitato anche non ci vedessimo o addirittura sentissimo per qualche anno, ma il filo della nostra relazione non si è mai spezzato. Qualche anno dopo è arrivata Lina, fidanzata e poi moglie, e da allora è una coppia che frequentiamo, incontrandoci due o tre volte l’anno. Ci ritroviamo, io e Federico, anche dopo qualche mese, riprendendo da dove avevamo lasciato la volta precedente. Un intimità preziosa quella che intercorre tra noi, rara. E anche questa volta si è manifestata sin dai primi istanti.

Giornata solare e fredda da festività natalizie ancora in corso. Decidiamo di fare un giro in centro a caccia di luminarie. Eravamo in cinque: i torinesi e la nostra famiglia al gran completo. Ora, senza i figli ormai grandi, loro si possono muovere molto più liberamente e tutti e quattro, in varia misura, ci siamo così occupati di Luna.

Tram, fermata in via Larga, poi Piazza Fontana, Corso Vittorio Emanuele, Duomo, Galleria, piazza Fontana, piazza Mercanti, Cordusio, di nuovo tram per il ritorno. Una vera passeggiata da signori. Luna cammina felice, passando in continuazione da una mano all’altra, sempre comunque con due di noi a fianco, uno a destra l’altro a sinistra. Fa freddo, a un certo punto pare stanca, ma la convinciamo a portare Lina in giro per una Milano che ha frequentato anni per lavoro, ma non ha mai visto. Tornati a casa, ci stipiamo sulla mia auto e voliamo in quel di Melegnano per vedere la Casa di Babbo Natale. Un tripudio del Kitsch spettacolare cui ricorriamo per compensare la luminosità austera di questo inverno 2015.

Ma il pezzo forte è stato il ristorante.

L’avevamo trovato in Rete cercando una pizzeria per celiaci. Si sono moltiplicate in questi ultimi anni nella metropoli. Ne scegliamo uno che sembra carino e molto attento. Con la celiachia di nostra figlia non si può scherzare. E poi, in pratica è dietro casa nostra. Abbiamo mangiato divinamente, serviti velocemente, Luna è stata straordinaria comportandosi da quella diciassettenne che è: ha finito una pizza enorme seguita da un gelato abbondante, mentre mangiava scansionava con lo sguardo tutto quello che stava accadendo nel frattempo in quel ristorante affollatissimo e attraversato in lungo e in largo da una decina di camerieri. Sarai disabile, figlia mia, molti dei tuoi tratti sono perennemente infantili, ma dietro quei tuoi occhi gioiosamente curiosi, si vede una persona che cresce. A suo modo. E noi, in questi momenti, sentiamo l’orgoglio montarci dietro il naso e nel cuore.

Abbiamo parlato di tutto noi adulti. Di Luna, dei loro figli ormai grandi ma ancora bisognosi della loro attenzione, del ristorante che avevamo trovato, della famiglia di lui, della nostra storia comune. Una serata serena, bella, piena. Della quale siamo andati avanti a parlare, la sera tardi, dopo che i nostri amici hanno imboccato la via del ritorno.

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Storia numero 2

Ieri sono venuti a trovarci i nostri amici di Torino. Conosco Federico da moltissimi anni, abbiamo fatto insieme un pezzo di leva militare nel ’79. Ne era nata una splendida amicizia, ma la lontananza chilometrica e poi anche di scelte di vita, non ci ha permesso di viverla come avrebbe potuto, come avremmo voluto. Ci siamo persi di vista per moltissimo tempo, poi ci siamo rincontrati e riusciamo a concederci qualche momento durante l’anno o da noi o da loro, sempre però di sfuggita, lasciandoci ogni volta con il rammarico di non poter vivere assieme nulla.
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Faceva un freddo cane e portarsi appresso Luna non è mai una cosa facile. Abbiamo comunque deciso di farci un giro per il centro a caccia di luminarie. Siamo andati in tram, per non finire incasinati nella folla con l’auto, e ci siamo sciroppati un tour cittadino affollatissimo e gelido senza trovare l’ombra di una luce, se non quelle della Rinascente e l’immancabile albero natalizio eretto sul sagrato. Luna a un certo punto non ce la fa più, inizia a impiantarsi con quella modalità da mulo che trasforma noi tutti nel conducente che tira e tira senza riuscire a smuoverla. Tenta anche un paio di volte la tattica “mi butto per terra e resto qui”. Riusciamo a trascinarla in qualche modo sino in Cordusio, riprendiamo il tram e torniamo indietro. Sarebbe stato da restare a casa al caldo ma, per riparare la delusione delle luminarie mancanti, decidiamo di portare gli amici sino a Melegnano, a vedere la Casa di Babbo Natale. Una roba kitsch oltre ogni immaginazione, servita per lo meno a compensare sul piano della quantità, il centro illuminato che avevamo sperato ma non trovato.
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Poi c’è stato il ristorante.
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L’avevamo trovato in Rete cercando una pizzeria per celiaci. Si sono moltiplicate in questi ultimi anni nella metropoli. Ne scegliamo uno che sembra per lo meno attento. Con la celiachia di nostra figlia non si può scherzare. In pratica era dietro casa nostra, ma abbiamo dovuto andarci comunque in auto perché rimettere in cammino Luna era da escludere, a meno di non arrivare in ritardo o, peggio, di arrivarci con un’incazzatura da far andare di traverso il menù. Pizze ottime e anche servite velocemente. Meno veloce riuscire a mangiarle, perché metà del tempo l’abbiamo passato a tagliare la pizza di Luna e ad aiutarla a infilarla con la forchetta. Procedura simile con il gelato successivo. Per lo meno ha mangiato tranquilla distraendosi con tutto il casino che c’era in giro per la sala.
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Nel frattempo noi adulti abbiamo parlato del più e del meno. Anche dei loro figli, che sino a poco tempo fa sarebbero stati lì in mezzo a noi, mentre ora sono sufficientemente grandi per farsi i fatti loro, mentre i genitori si fanno una gita a Milano per venire a trovare noi. Noi invece no. Noi siamo ancora in tre, nonostante Luna abbia diciassette anni e dovrebbe essere chissà dove con chissà chi e farci stare in ansia, invece di essere fisicamente in mezzo, in attesa che le si tagli la pizza, e ci resterà per tutta la vita. Insomma, una serata piacevole ma inevitabilmente amara, foriera di altre serate analoghe che ci restituiranno di volta in volta sempre di più l’impossibilità di cambiare. Abbiamo avuto amici con i quali abbiamo condiviso la nascita dei figli e poi i loro primi passi. Abbiamo visto con gli anni allargarsi inesorabilmente la forbice con nostra figlia. Li vediamo ora in apprensione perché i figli crescono, li vedremo fra non molto in attesa dei nipoti. Noi eravamo, siamo e saremo occupati a prenderci cura di una figlia condannata a un’infanzia perenne.
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Ci siamo taciuti tutto questo, dopo, quando siamo rimasti da soli. Troppo occupati a contenere il mal di schiena che nostra figlia, ancora una volta, ci aveva provocato.
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Epilogo
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La felicità non è una condizione: è una scelta.