Non mi piacciono i riferimenti ai “mostri” e una certa tendenza, imperante in alcuni momenti storici, a cercare il “mostro” di turno, un po’ capro espiatorio, un po’ rappresentante della somma delle brutture e negatività che non si vorrebbero vedere e quindi degno di essere “condannato” da un coro da tragedia greca.
Qualche giorno fa però mi sono trovata a pensare a lungo al concetto di “mostruosità” e a quelle che mi trovo ad incontrare ed incrociare nella mia vita professionale.
Faccio l’assistente sociale, che è un lavoro già difficile da spiegare a chi a volte mi chiede di “farlo in poche parole”, e in più circondato da un’aura di giudizio e pregiudizio per cui tutti pensano di saper bene di cosa un assistente sociale si occupa.
Giorni fa per l’appunto mi trovavo in una panetteria, dove c’era un televisore acceso, sintonizzato su un programma cosiddetto di “intrattenimento” mattutino.
Mentre aspetto il mio turno non posso fare a meno di ascoltare le voci che escono dall’apparecchio. L’argomento è “bambini molestati dalla baby sitter; la madre rischia di perdere la custodia”… Vedo facce e ascolto voci di persone (si chiamano “opinionisti” mi pare) che dicono la loro sull’accaduto, ma a questo punto fortunatamente la commessa richiama la mia attenzione perché tocca a me e non ho l’occasione di scoprire se qualcuno si esprimerà contro uno dei vari protagonisti di questa vicenda.
Esco dal negozio con un senso profondo di amarezza che non so bene spiegare, né collocare, ma so che riguarda i bambini, la madre e anche la baby sitter, nonché il modo in cui certe vicende scelgono di essere trattate. Trattengo i pensieri e le sensazioni fino a quando arrivo al lavoro, dove altre storie piene di dolore catturano ogni mia attenzione…
Cambio “scenario” e nel pomeriggio mi trovo davanti una madre in lacrime e un ragazzino caparbio che ha scelto una posizione difficile. E il mio ruolo in questa scena è quello di chi deve far rispettare una decisione di un Tribunale.
Provo a farlo cercando di ferire il meno possibile chi mi sta davanti, consapevole che è un compito arduo e che, come sempre più spesso mi capita di pensare, è complicato tenere insieme tutto: la verità della Giustizia, il dolore dei figli e quello dei genitori, che a volte diventa azione ed esternazione che genera dolore a sua volta…
Non posso fare a meno di farmi tante e tante domande, ripensare ad altre madri e lacrime, padri e rabbie, figli e silenzi.
La responsabilità che mi sento di avere a volte pesa tantissimo e ripenso ad Atlante, con il mondo sulle spalle. Non riesco a non chiedermi se chi con apparente leggerezza e facilità di giudizio parla di certe vicende pensa mai a tutti gli altri aspetti e risvolti, quelli che ogni giorno vedo, attraverso e tocco.
Non ho risposte, ma ho imparato che a volte la ricchezza sta nel non smettere mai di farsi domande.
Nov 03, 2013 @ 09:13:38
“…Non ho risposte, ma ho imparato che a volte la ricchezza sta nel non smettere mai di farsi domande…” Quanto mi piace, Raffaella.
Nov 03, 2013 @ 09:31:33
Mi piace il tuo modo di raccontare.
….quando vedo “spettacolizzare” alcuni fatti della vita in tv ho l’impressione che sia fatto tanto per parlarne, lontano dalle questioni reali e a volte mi chiedo che senso ha farlo a questo livello solo per saziare le curiosità.
Difficile professione la tua, come dici tu la complessità di tenere insieme le cose per provare a portare un cambiamento che solitamente produce dolori. E quindi brucia.
Le domande per come le porti, lasciano spazio a ripensare…e a imparare a navigare nel proprio essere professionale. Da un respiro!
Nov 03, 2013 @ 10:22:12
Grazie Luigina,
mi piacerebbe poter trovare spazi e possibilità per condividere queste domande (e già questa è un’ottima occasione!), alla ricerca di equilibri sostenibili, per le famiglie ed i professionisti….
Solo le domande possono accompagnarci alla ricerca della consapevolezza, consapevolezza che a volte fa male, ma che è la sola via per continuare ad occuparsi dell'”umano”…
Nov 03, 2013 @ 10:30:52
Un gruppo di lavoro con professioniste differenti sarebbe interessante!
Con Amazzone o Penelope sta accadendo grazie alla ” visione professionale ultra moderna” di Irene.
In gruppo misto si può dar spazio ad altri punti di vista differenti, ……chissà che il prossimo sia sull’incontro con le maternità fragili, insieme a te!
Nov 03, 2013 @ 10:56:26
Ottimo rilancio Luigina!!
Nov 03, 2013 @ 11:09:20
Grazie a entrambe! Ottimo stimolo per catturare idee e pensieri…
Nov 03, 2013 @ 11:39:28
Sarebbe bello vero 🙂
Nov 03, 2013 @ 11:37:54
Mi è arrivato ora il doppio senso del titolo “amare”….
chissà in un primo tempo mi è arrivato come
amare nel senso doloroso….
poi rileggendo il testo e rileggendo il titolo
amare nel senso di amore pre le domande.
Non so se voluta…bella questa doppia chiave di lettura!
Nov 03, 2013 @ 11:41:25
Proprio così Luigina! Voluta e cercata…
Sono contenta che tu lo abbia colto e condiviso.
Sguardo attento e acuto…