di Irene Auletta
Scendi dall’auto e ti osservo nei tuoi movimenti più impacciata del solito. Cosa sarà successo rispetto a quando siamo uscite di casa non è dato saperlo come gran parte delle cose che attraversano la nostra relazione e sono destinate a rimanere coperte dal silenzio, insieme ai pensieri custoditi nella tua testa.
Realizzo in un attimo un dolore alla spalla che, evidentemente senza successo, ha cercato di trattenerti e ti vedo distesa a terra ai miei piedi sull’asfalto. Il mondo intorno a noi è bloccato. Chissà se qualcuno osserva la scena. Ogni volta che cadi come prima reazione mi sento in colpa pensando di non essere stata abbastanza capace di trattenerti e poi sento in bocca il sapore aspro della rabbia che trattiene il sentimento bloccato nella gola.
Piangi un poco e io cerco di consolarti verificando che non ci siano stati danni gravi e così riusciamo a raggiungere la nostra casa. Finalmente lì esce un tuo pianto di rabbia, inconsolabile e io, riesco solo a starti vicino facendo uscire il mio, di dolore.
Ci consoliamo così, insieme e ci aiutiamo a rialzarci da una caduta che porta con sè tante altre cadute. Ti medico le ginocchia sbucciate e ti racconto storie. Curando il corpo, mi prendo cura della tua anima e della mia.
Quando provo a dare parole alla tua rabbia utilizzando qualche parolaccia ti scappa una risata e io capisco che, anche per questa volta, ce l’abbiamo fatta.
Mentre preparo la cena ti appassioni guardando uno dei tuoi film preferiti e pian piano ti dimentichi della paura di poco fa. Ho cercato di prenderla tutta io e di tenerla con me per poterti aiutare.
Tra le lacrime penso che sei proprio la mia guerriera. Zoppichi ancora ma vuoi spostarti da sola per casa come a dimostrare, forse prima di tutto a te stessa, che non hai più bisogno di altro aiuto.
Il delicato equilibrio nel rapporto tra fragilità e forza stasera mi appare in tutta la sua luce e anch’io riesco a sorridere mentre ti racconto di quanto ti voglio bene come un viaggio lungo, lungo, che va dalla Luna della terra alla Luna del cielo e poi torna indietro.
Apr 14, 2013 @ 09:24:54
I nostri figli non mollano mai..nel bene come nel male…
Apr 14, 2013 @ 11:16:00
E’ da qualche temo che leggo i tuoi racconti, mi emoziona leggere i miei pensieri e le mie emozioni ….. sono li nero su bianco scritti da qualcuno che non ho mai visto, con cui non ho mai parlato….. non c’è stato un tuo racconto in cui io non mi sia riconosciuta….. sorprendente come tutto quello che ci accade quotidianamente .
Paola mamma di Livia
Apr 14, 2013 @ 13:58:41
Sorprendente e denso di tanti significati che, in fondo, fanno sentire meno soli.
Grazie per averlo scritto perchè per me come è bello scrivere, lo è altrettanto afferrare i pensieri di chi mi legge. Alla prossima!
Apr 14, 2013 @ 12:02:12
un velo di lacrime, per l’emozione che emana questo tuo racconto, m’impedisce quasi, di scrivere,perchè anch’io ho vissuto uno di questi momenti, quando l’ho mandata a scuola, nonostante avesse un attacco di appendicite (non me n’ero accorta), pensando che fosse uno dei tanti capricci che faceva di solito, Quando me l’hanno riportata nel pomeriggio, bianca come un lenzuolo e una faccia sofferente, volevo sprofondare, mi sono sentita male, per l’ulteriore sofferenza che le avevo procurato non dando peso ai suoi tentativi per farmi cambiare idea. Ho maledetto il lavoro, Il giorno dopo, volevo licenziarmi, perchè solo quello, mi aveva impedito di tenermela stretta stretta e a casa. Quel momento ancora adesso mi procura una ferita nel cuore, ogni volta che mi arriva, prendo mia figlia e me l’abbraccio, fino a stritolarla. Lei mi guarda, mi bacia, e poi alza le braccia allargandole (suo gesto per voler dire che mi vuole bene tanto, tanto), io le faccio lo stesso gesto.
Apr 14, 2013 @ 14:00:03
Bello Paola … ora sei tu che hai emozionato me!
Apr 14, 2013 @ 15:16:13
Anche la mia Vichi ha un passato di cadute che si sono concentrate a partire dai 6 fino alll’ incirca ai 12 anni , età a partire dalla quale sono pressoche’ terminate le nostre corse al Pronto soccorso. Le prime disavventure sono iniziate quando ha iniziato a lasciare le manine una volta nella portiera della macchina ed un altra volta in mezzo ad una finestra poi sono seguite numerose cadute che per modalita’ si assomigliavano: tutte le volte che cadeva picchiava il mento con conseguente taglio che, alcune volte, ha richiesto alcuni punti di sutura . Usciti dall’ospedale era tale l’impegno di Vittoria per rimuovere i punti che dopo poco abbiamo desistito imparando noi stessi a medicare con i punti adesivi.
Sono seguite diverse cadute nelle quali si feriva alla testa: ricordo una notte passata con lei nel reparto di Pediatria dove era stata fasciata a mo’ di turbante, la notte fu trascorsa in bianco non per i dolore della ferita ma per il fastidio della fasciatura che , anche in questo caso la impegno’ nella rimozione delle bende ed impegno’ anche me nel distrarla dall’operazione.
Verso i 10 anni Vittoria ha iniziato a cadere con una nuova modailità che ha comportato la rottura di 3 incisivi tanto che avevamo quasi preso in considerazione un caschetto anticaduta. Poi come ho anticipato le cose a poco a poco sono migliorate ma qualche volta come dici tu resta un senso di colpa.
Apr 14, 2013 @ 21:55:41
A volte capita di leggere uno scritto che senti arrivarti nel profondo. Di solito mi succede quando, apparentemente, chi scrive e racconta non pare fare uno sforzo per colpire chi legge….e, invece, poi, “arriva” in maniera potente e ti porta da un’altra parte. E quell’altra parte scopri che e’, pur nella differenza, una parte di te…perché e’ una parte della vita a cui tutti apparteniamo. Cadere e rialzarsi…non e’ forse una delle azioni fondamentali?
Infatti, appena letto, mi sono arrivate due sole parole ma grandi come il mondo, perche’ questo e’ un post “sulla Vita”.
grazie.
Apr 15, 2013 @ 07:45:55
Ti ringrazio Monica per la tua lettura.
A volte mi dicono che scrivo cose private e io francamente non mi ritrovo in questa interpretazione anzi, faccio di tutto per evitare che il lettore possa avere la sensazione di sbirciare dalla serratura della mia vita.
Mi piace scrivere dell’educazione, delle relazioni, delle emozioni e quindi come dici tu, della vita.
Mi piace pensare che quanto vivo e scrivo possa fare eco nelle esperienze altrui e diventare dialogo tra storie e non tra fatti privati.
Almeno, questo è quello che mi piacerebbe ….
Apr 15, 2013 @ 14:38:03
….. e questo e’ ciò che accade, non smettere di scrivere, le tue parole non solo emozionano ma danno forza e capacita’ di affrontare i vari problemi con più energia e consapevolezza!!
Apr 15, 2013 @ 16:19:19
Le sue storie sono un po’ anche le nostre storie. Le vostre cadute le nostre. Cosa si intende per privato? Sono le nostre vite che dialogano, così simili ma anche così diverse tra loro.. Ciascuna privata e pubblica allo stesso tempo. Io la ringrazio per come racconta la sua storia e mi aiuta a capire meglio la mia e quella di mia figlia. Sempre con delicatezza, intelligenza, misura e con la competenza che le da il suo lavoro. Non smetta di raccontare, per favore. Anzi.. sarebbe bello raccogliesse le sue riflessioni in un libro. Con occhi (e cuore) di madre..
Apr 15, 2013 @ 20:08:36
Grazie davvero per le belle e intense restituzioni.
Sapere che le mie parole e l’esperienza che vivo incontrano quella di tante altre persone è per me uno stimolo importante per continuare a scrivere e raccontare. Se poi riescono ad essere anche di quale aiuto, ho raggiunto obiettivi inattesi e insperati…
Apr 16, 2013 @ 09:24:38
Come spesso accade per i tuoi post il “privato” diventa “pubblico” perchè condiviso, perchè raccontato come bene sai fare, senza omissioni e pudori inutili, e nel tuo raccontare chiudi spesso con un lieto fine che trasmette speranza, nonostante tutto, nonostante tutti. Anche quando c’è rabbia e frustrazione, non sono mai sentimenti annientanti, ma di re-azione, non distruggono ma costruiscono, generano, danno vita ad un modo altro di agire, ad uno sguardo altro, che riesce a comprendere come forse solo una madre può fare, che riesce ad accogliere come forse solo una donna è capace. E la narrazione diviene memoria, assolvendo dunque un compito prettamente maschile.
Grazie quindi, anche se le emozioni di cui ci fai partecipi si possono probabilmente solo intuire, e per quanto ci si senta vicini e solidali sono tue e solo tue e solo tu riesci a viverle secondo il modo che ti è proprio. In cambio, condivido quanto, per caso (ma il caso sappiamo che non esiste…), mi è capitato di leggere stamattina:
“Rifiutati di cadere.
Se non puoi rifiutarti di cadere,
rifiutati di restare a terra.
Se non puoi rifiutarti di restare a terra,
leva il tuo cuore verso il cielo,
….e come un accattone affamato,
chiedi che venga riempito,
e sarà riempito.
Puoi essere spinta giù.
Ti può essere impedito di risollevarti.
Ma nessuno può impedirti di levare il tuo cuore
verso il cielo,
soltanto tu.
E’ nel pieno della sofefrenza
che tanto si fa chiaro.
Colui che dice che nulla è buono
da ciò venne,
ancora non ascolta.”
Lo narra una donna, Clarissa Pinkola Estés, lo faccio mio e ve ne faccio, pur minuscolo, dono.
Un abbraccio forte.
Apr 16, 2013 @ 17:02:44
Grazie a te Marco, per la chiarezza, il pensiero differente del genere e la delicatezza delle tue riflessioni
Apr 16, 2013 @ 14:30:50
bellissima!!