Eccomi di nuovo dopo una delle mie lezioni Feldenkrais a ripensare alle indicazioni di Angela, l’insegnate che ci guida una volta alla settimana, nei nostri incontri. La serata, ha come finalità dichiarata quella di lavorare sulle spalle e sulle anche.
All’incontro ci sono arrivata a fatica, stanca e influenzata ma subito contenta di averlo fatto di fronte alla cura e all’attenzione che ogni volta sento nell’accoglienza.
Al termine dell’incontro Angela ci invita a non dimenticare, anche solo per poco tempo, di sdraiarci a terra almeno una volta al giorno. Riprendete contatto con la terra, ci dice e dedicatevi un momento per ascoltare il vostro corpo e ascoltare come state.
La mia anima pedagogica ritorna alla lunga esperienza fatta nella formazione delle educatrici dei servizi per l’infanzia e al ricordo del senso di fatica ricorrente raccolto proprio dalle educatrici con maggiore esperienza professionale.
In effetti i bambini stanno tanto a terra e spesso chiedono all’adulto di chinarsi per raggiungerli. Ma se questa fatica si trasformasse in una possibilità per quell’adulto? Per regalarsi momenti per sdraiarsi accanto ai bambini, a raccontarsi storie, a godere insieme di quella particolare diversa prospettiva. Per ascoltarsi e dare valore anche ai propri corpi distesi al suolo. Forse in questo modo si potrebbe cogliere un’altra grande opportunità offerta dal lavoro con i bambini piccoli, lasciando un pochino sullo sfondo l’enfasi sull’esperienza cognitiva che negli ultimi anni ha rischiato di saturare tutto lo spazio dell’incontro tra bambini ed educatori e insegnanti.
Ora le mie spalle stanno decisamente meglio e percepisco con chiarezza anche le scapole, le mie amiche più sconosciute all’inizio di ogni lavoro. Le anche si riprendono il loro posto, già conquistato da più tempo.
Mi riprometto di fare il compito, o anche solo di provarci. A casa c’è qualcuno che di certo mi può aiutare e che sarà molto felice di non sentirsi ripetere per l’ennesima volta “alzati da terra, che sei grande!”.
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