Tipico modo di dire utilizzato in gran parte delle regioni del centro sud per rivolgersi ai propri figli. Sostituisce i vari amore, caro, tesoro più abituali in altri dialetti e, seppur utilizzato da molte donne, sembra restituire ogni volta una magica esclusiva proprio a quella relazione li’, tra quella madre e quel figlio.
Come donna con origini del sud mi capita spesso di utilizzare quest’espressione con mia figlia e in genere lo faccio quando quello che voglio dire e’ “non preoccuparti … c’è la mamma qui vicino” oppure per ribadire l’esclusività di quel nostro particolare momento e la mia attenzione alle sue richieste.
Così e’ accaduto qualche giorno fa quando, per l’ennesima volta, ho dovuto affrontare la ragazzina che ti stava facendo il verso per il tuo modo di ridere. La mamma tigre che sono e che ogni volta deve fare i conti con il suo dolore, si e’ messa per un attimo in disparte e mi ha lasciato fare.
Ho detto alla ragazzina, arrivando alle sue spalle inattesa, che tu stavi facendo una cosa molto difficile. L’ho invitata a provarci anche lei, ad esprimere una forte emozione ma, senza utilizzare le parole …. perché altrimenti e’ troppo facile!
Nel frattempo guardavo Luna e pensavo a cosa potesse percepire o comprendere di quel nostro scambio. La ragazzina ha abbandonato la faccia da presa in giro ed e’ diventata improvvisamente molto seria. Speriamo abbia imparato qualcosa e che la prossima volta, prima di prendere in giro qualcun’altro, ci pensi per una frazione di secondo in più.
Poi sono tornata vicino a te. “Anche per oggi, ‘ a mamma, ce la siamo cavata!”. Ti ho ricordato come faccio spesso che, semmai riuscirai a dire anche una sola parola e quella non sarà mamma ma una parolaccia, avrai tutta la mia solidarietà e comprensione.
Ago 23, 2012 @ 17:50:15
non so , cara Irene, se avrà imparato qualche cosa, lo spero, ma probabilmente non lo sapremo mai…
Quello che sappiamo è che ha sicuramente imparato che a volte ( solo a volte) gli adulti ti fermano.
Ha imparato che ci sono , anche adulti che proteggono i loro figli da ciò che avviene…
La domanda che spesso mi rimane, Irene, è quanto costa a te, a me, a noi, tenere sempre quelle dannate antenne alzate, pronte ad intervenire…
A me costa…
Un abbraccio
Christian S.
Ago 25, 2012 @ 08:50:51
Accidenti se costa Christian! Da far rimanere senza energia e da farne interrogare ogni volta il senso. Quando accade forse è un po’ una possibilità per tutti gli attori coinvolti ma, nel frattempo, faccio anche strane fantasie su come smetterla di utilizzare anch’io le parole, attivando gesti magari più incisivi.
Ago 23, 2012 @ 20:18:21
sono di Napoli, e posso dire che uso moltissimo quella parola alla fine di ogni mia frase rivolta a mia figlia, e quando la pronuncio, è come se lo facessi più per evidenziare quel filo del cordone ombelicale che non viene reciso mai completamente, che è lì invisibile seppur visibile.
Ago 25, 2012 @ 08:52:06
Ti immagino Paola, e posso capire quanto valore dai a quella “nostra” espressione piena di tanti e tanti significati.
Ago 25, 2012 @ 09:27:10
Mi è arrivata fortemente l’emozione D’AMORE di quella situazione!! Anch’io credo ” ‘a mamma” che anche questa volta ve la siete cavata! E’ di forte impatto intervenire in quella situazione, però questo racconto mi ha fatto cogliere che NON SI PUO’ SEMPRE SOCCOMBERE ed è importante che qualcuno riesca a tradurre le situazioni che si creano, ridandogli dignità e rispetto!
Ago 25, 2012 @ 16:54:02
Ti racconterò di persona (anche per riderci sopra un po’), tutte le cose terribili che ho detto dopo e le fantasie che mi capita di fare spesso di fronte alla continua intrusione/invasione che siamo costretti a subire … ogni giorno! Da questo punto di vista se già il quotidiano è una piccola battaglia, il periodo di vacanze e la maggiore esposizione pubblica è…. una guerra :-))