.

20120817-170834.jpg

“Come si chiama?” … ” Luna” … “quanti anni ha?”…”Quattordici, va per i quindici”…”E’ malata?”……”…no, è nata così”….”e si può curare?”….

Strani dialoghi si tessono in mezzo al mare a bordo materassino. Lei, dice, si chiama Giulia e ha nove anni. Si è avvicinata non so se attratta dai nostri giochi galleggianti, dalla evidente stranezza di mia figlia o dal fatto che ci fossi io che stavo giocando e lei avrebbe potuto farsi un giro. Ad ogni modo, l’approccio è stato da manuale: nome, età, numero di matricola e poi il tentativo di capire cosa avesse quella strana bambina con i braccioli.

“Nella tua classe non ci sono bambini disabili?”…”No”…”beh, Luna è fatta così, un bambino cieco è fatto così non è malato”…”Luna è cieca?”…”no, intendevo solo dire che è nata così”…”e si può curare?”….

Ora qualche bambinologo dirà che quella ragazzina cercava solo di darsi una spiegazione rassicurante: una “malata” si può curare appunto, dunque ha qualcosa che si può riparare. Prospettiva meno spaventosa del mio “è fatta così” che prefigura scenari terribili di ranocchi condannati a restare tali, nonostante i baci di un esercito di principesse. Ma non sono poi così sicuro che la spiegazione stia tutta nella psicologia infantile.

Mi sono chiesto in realtà come siano state presentate a Giulia le condizioni delle persone disabili che avrà certamente incontrato nei suoi nove anni di esistenza e come gliene avranno parlato i genitori, gli insegnanti, il prete, gli animatori del centro estivo. Sono tutte le Giulie del mondo che condizionano i loro interlocutori a definire “malate” le persone disabili, perchè è la spiegazione più facile da dare, oppure a forza di fornire spiegazioni facili, tutte le Giulie del mondo finiscono col credere che il mondo è Il Mulino Bianco e se qualcosa va storto è solo una malattia che, come tale, deve pur essere curata in qualche modo?

Mi spiace, ragazzina con la maschera incontrata stamane in mezzo al mare, Luna, mia figlia, non è malata. E’ nata così e non si può aggiustare. Ma non nel senso che è afflitta da una malattia incurabile, genere che prima o poi ti toccherà di conoscere, ma nel senso che in lei non c’è nulla da guarire. La prossima volta, magari tra qualche anno, magari quando sarai cresciuta, prova a chiedere a me se sono riuscito a guarire da ciò che mi ha procurato l’avere una figlia come mia figlia. Ti dirò di sì, e anche questo è rassicurante no?, e proverò a raccontarti come…