Ma quella piccola peste non aveva ancora finito di straziare i nervi della povera genitrice. Che nel frattempo conversava al cellulare con non so chi lamentandosi di non so cosa, senz’altro lamentandosi. Denise finisce di ingollare l’ultimo sorso d’acqua e cerca di chiudere la bottiglietta di plastica senza riuscirci. La madre, interpretando la goffaggine della figlia come una richiesta di intervento, allunga una mano per chiudere il tappo prima che si verifichi un disastro dalle proporzioni incalcolabili. Nel farlo però, si scoordina peggio della quasi seienne e mentre afferra la bottiglia, con un guizzo degno del Woody Allen di Provaci ancora Sam, lancia il cellulare che finisce rantolando qualche passo più in là. Ecco hai visto? Con te devo sempre fare mille cose contemporaneamente, e guarda cosa è successo!! Ovviamente la colpa era di Denise.
Monica, in un commento al post precedente, e a proposito di una spiaggia affollata di genitori e bimbi di pochi mesi sotto il sole delle ore 14.00, scrive: “Sarebbe comodo giudicare, ma non è questo il punto. Sarebbe più utile domandarci cosa possiamo fare per evitare di andare tranquillamente e collettivamente alla deriva”. Ecco, sarebbe facile giudicare la mamma di Denise, e mi aspetto che come è già successo un po’ di persone facciano l’elenco dei motivi per cui quella mamma probabilmente era sull’orlo della crisi di nervi. Io, seduto sull’altro lato della panchina, mentre osservavo a media distanza mia figlia appollaiata un po’ più in là, ho fatto di tutto per non giudicare, per masticare le cattiverie che mi salivano a fior di labbra. Ho capito in quel momento esatto che occorre praticare il silenzio dell’anima, perché quello della bocca non basta se poi ciò che non dico si affolla nel fegato, rodendolo. E il silenzio dell’anima è un vuoto pacificatore meraviglioso, che mi ha riempito di una tristezza profonda.
Non ti giudico mamma di Denise. Avrai mille milioni di motivi per non renderti conto della fortuna che hai ad avere una bambina di, quasi, sei anni vitale e giocosa come lei. La tua vita sarà faticosa, difficile, come non posso neppure sospettare, seduto da questo lato della panchina. Ma è proprio questa la risposta che devo a Monica. Come fare ad evitare di andare collettivamente alla deriva? Smetterla di giustificare qualsiasi comportamento con la scusa di non avere elementi sufficienti per poterlo giudicare. Non ti giudico mamma di Denise. Non ti giudico come mamma. Però, anche sei avrai avuto tutti i motivi del mondo per essere sull’orlo di una crisi di nervi, quel tuo comportamento quella mattina al parco era sbagliato. Punto. E la mia infinita tristezza non è neppure per la tua bambina, che alla fine se la caverà comunque, ma per te madre, per la tua solitudine, abbandonata alla deriva nei flutti di un parco giochi cittadino senza uno straccio di nonna, zia, fratello, compagno, amico/a in grado di dirti piantala, smettila di stressare Denise, non starle col fiato sul collo, lascia che provi e che sbatta il naso dove deve sbatterlo. Circondata solo da estranei come il sottoscritto, che non possono dirti nulla, nè aiutarti, nemmeno ascoltarti. Semplici testimoni muti di un mondo, il tuo, vicino e inaccessibile.
Giu 24, 2008 @ 19:39:00
Sì, a mio avviso c’è diversità tra il non essere giudicanti e la sospensione del giudizio.dove per “non essere giudicanti” indico l’evitamento di dita puntate contro, pensando di essere sempre migliori di coloro che giudichiamo; mentre, citando “sospensione del giudizio”, mi allontano dal buon vecchio Bertolini e intendo sospensione del pensiero, dell’atto del pensare, del valutare la realtà che ci circonda.insomma, sulla scia di voler rinfrescare la nostra cultura, fin troppo imbottita di dita puntate contro, ora il rischio è di scivolare troppo all’opposto e di non gurdare nemmeno più, o forse di guardare un po’ a vuoto,di vedere e basta, impoverendo progressivamente la nostra capacità di pensiero, perchè a sua volta privata dagli infiniti stimoli che provengono da ciò che accade intorno a noi ogni giorno.manu.