Due tragedie. La prima esistenziale, la seconda educativa. Qualche giorno fa una madre si dimentica del figlio di due anni e lo lascia in macchina a morire. Non stiamo parlando di un caso sociale. Stiamo parlando di una professoressa di un liceo di provincia. Fosse un caso sociale potrei scrollare le spalle dicendomi che, certo, nel quadro di una problematicità conclamata e certificata ci sta di scordarsi del bimbo, abbandonandolo. Ma una professoressa… e di colpo ti rendi conto con un brivido che potrebbe capitare anche a te. Che niente e nessuno ti può mettere al riparo da un gesto disattento che frantuma irreversibilmente l’esistenza. Sin qui le tragedie della vita, quelle che incombono sul collo di ognuno. Nessuno escluso.

Ma quei ragazzi. Quegli studenti di quel medesimo liceo dove la professoressa dimentica del figlio si è recata per le sue cinque ore di lezione, quei sedici-diciassettenni immortalati dalle telecamere di sorveglianza che si accorgono del bambino chiuso in un’auto parcheggiata nel cortile della scuola, e non dicono niente a nessuno. Salutano dal finestrino, poi se ne vanno. Chissà cosa hanno pensato. Probabilmente nulla. Non era un problema loro. Forse qualcuno tra sé si sarà pure fatto una domanda. Ma la risposta non lo riguardava. Dunque se ne è andato insieme agli altri e, finito l’intervallo, è rientrato nella scuola della professoressa e non ha nemmeno provato ad avvertire un adulto. Non ne ha probabilmente neppure intuito la necessità.

Sono ragionevolmente convinto che se la professoressa, invece di essere una professoressa, fosse stata un’insegnante di scuola elementare, quel bambino di due anni sarebbe ancora vivo. Perché durante l’intervallo a trovare il piccolo chiuso in auto sarebbero stati dei ragazzini di otto/dieci anni. E loro non avrebbero esitato un secondo nel raccontare alla maestra cosa avevano visto. E quel piccolo sarebbe stato salvato. Purtroppo al centro della vicenda c’è una scuola superiore con il suo ripieno di ragazzi adolescenti. I nostri adolescenti, quelli che hanno ormai imparato che nulla di ciò che li circonda, se non ha a che vedere direttamente con i loro interessi, li riguarda. Quelli che la responsabilità abbiamo perso da tempo le istruzioni per programmarli. Quelli pronti magari a filmare l’accaduto e metterlo in diretta su Youtube, ma nemmeno sfiorati dalla domanda se per caso ci sia qualche problema che richieda l’intervento di qualcuno.

La tragedia di quella madre è infinita. E ci rimanda a tutte le tragedie che aspettano ognuno di noi, pronte a balzarci addosso domattina. Ma la tragedia di quei ragazzi inconsapevoli e irresponsabili, è una tragedia collettiva che ci è già capitata. Da tempo.