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L‘Uomo Nero, spauracchio di bambini da infinite generazioni. Assieme a suo cugino: il Ba-Bau. Entrambi deputati a mettere un confine all’istinto marachelloso e disobbediente dei più piccoli, sembrano da tempo derubricati, confinati nel recinto dei vecchi arnesi pedagogici, additati dal politically correct e dalle mode educative d’avanguardia.
Ma il mondo dei consumi ricicla tutto, facendolo ovviamente pagare per nuovo, e gli Uomini Neri tornano, sì, però per spaventare i grandi. Cosa accade allo spauracchio per antonomasia nel passaggio dalla collocazione originaria tutta interna al mondo dell’infanzia che cresce, a quello attuale dell’adulto infantilizzato?
Intanto cambia che Uomo Nero e Ba-bau si fondono. L’Uomo Nero era un signolo individuo acquattato nel buio pronto a portarti via, magari su chiamata. Il Ba-bau probabilmente è il nome bambino che evoca il lupo, grande terrore ancestrale, e il suo branco. Estinti i lupi, è l’Uomo Nero a muoversi in branco e non viene a prenderti su commissione, ti aspetta agli angoli delle strade. E non ti porta via. Ti lascia dove sei, con qualcosa in meno. Con molto, moltissimo in meno, consumato dalla ferocia collettiva.
Sembra definitivamente smarrito il senso di una minaccia tutta tesa a provocare obbedienza, sì, ma anche capace di produrre curiosità e fantasie di trasgressione. L’Uomo Nero ti porta via se non ti comporti bene, dunque spaventa, ma incuriosisce anche perché l’Uomo Nero, col suo “portarti via” è anche metafora del crescere, che è sempre un lasciare. Resta solo una minaccia collettiva, utile solo a far restare ognuno dov’è già, magari muovendosi il meno possibile.
E allora ecco rinnovarsi il rito della caccia. Del branco che insegue il branco. E vinca il più forte. Il più agguerrito. Il più deciso a difendere i suoi.
Igor
Mar 01, 2009 @ 10:33:39
e cioè l’uomo adulto davanti all’Uomo Nero si rannicchia, tutto teso a non farsi vedere, spaurito e piccino, oppure si perde nella logica del branco e allora, va a caccia.
l’uomo adulto sta lì, senza capire che ha davanti – in realtà -un babaccino, un pupazzo; senza poter imparare dalla propria paura; senza poter cercare nulla da prendere e nulla da lasciare.
qualcuno di tanto in tanto, invece usa la paura come un gradino da scavalcare, come un muro oltre il quale guardare, scoprendo che l’uomo nero così come il re, è nudo …
Mar 02, 2009 @ 00:11:04
Ritorna molto negli scritti il valore della paura, della minaccia. E la paura chiama il bisogo di difesa, di sicurezza. Il fatto è che oggi le logiche sembrano invertite. La domanda/ingiunzione di sicurezza non produce più senso di difesa e governo della paura ma, al contrario, incrementa l’insicurezza e la paura stessa.
Forse manca una parola che è quella di fiducia, non in se stessi ma nell’altro.
Forse bisogna ripartire dall’affidamento reciproco per andare incontro alle paure chenoi stessi generiamo e costruire così maggiore senso di sicurezza. Il contrario, temo, non ci porterà del bene.
Mar 18, 2009 @ 12:08:32
Credo che l’Uomo nero non sia cambiato, credo piuttosto che siamo noi a volercelo portare dietro in questo processo di crescita fisica e di non crescita educativa. Se da bimbi svolgeva un ruolo di minaccia tesa al superamento della paura, adesso ritengo sia diventato un alibi per permettere all’adulto di nascondersi, di non assumersi responsabilità, di non vedere ciò che gli accade intorno!! Il vedere comporta il sapere che a volte getta nello sconforto, ma se di fronte a questo ci si nasconde dietro alla paura dell’Uomo nero nelle sue evolute manifestazioni e rappresentazioni ( quelle sì cambiate e riadattate al presente in cui si vive ), diventa più facile dirsi frasi del tipo ” Non è colpa mia… Non posso farci niente.. ” . Si finisce così per nascondersi e racchiudere tutto il mondo nel proprio “piccolo pezzo di mondo” , generando in tal modo la paura dell’Uomo nero e di una possibile invasione,contaminazione e distruzione del nostro piccolo pezzo. Questo perchè ci si sente sempre più estranei al di fuori delle mura domestiche e dei nostri affetti. Concordo con Giuseppe quando parla di fiducia nell’altro, intesa come condivisione della paura dell’Uomo nero. Così diventerebbe possibile farsi carico delle paure dell’altro , lasciando che l’altro si prenda in cambio le nostre e realizzare così che nascondersi non è la soluzione. Al contrario, l’incontro diviene funzionale alla cacciata del barbaro invasore (L’Uomo Nero).
Emanuele