Sono interessanti alcuni commenti al post sull’indicare vs l’additare. Qualcuno giustamente fa notare che non è carino additare gli additatori, nel senso che stigmatizzare un comportamento con il medesimo comportamento è un po’ paradossale. Concordo e chiedo scusa per lo scivolone. Che del resto dimosta esattamente ciò che volevo dire con il post: la pratica dell’additare è la più facile e trama sempre dietro le spalle di ognuno di noi. Anche di chi cerca di tenersene lontano. Dunque, stiamo all’occhio.
Altri mostrano, e gli sono grato, che la prospettiva dell’indicare può essere variamente interpretata. Com’è che dovremmo preferire tutto ciò che potremmo avere subito rinunciandovi alla sola prospettiva di avere qualcosa di, forse, meglio un domani non ben precisato? Effettivamente questa pare essere una pratica dell’indicare piuttosto radicata nella nostra memoria. Ma non è quella che cercavo, appunto, di indicare.
Ne approfitto allora per proporre una distinzione, tanto per capirci, tra l’indicare una meta e l’indicare una strada. Ovviamente propendo per la seconda. Poi vi è l’indicare una strada per arrivare a una meta e l’indicare una strada da percorrere, semplicemente. Anche qui scelgo la seconda. Infine si può indicare una strada da percorrere stando fermi o indicarla percorrendola. Anche qui, scelgo la seconda. Mi spingerei a sostenere, che queste tre scelte dell’indicare sono proprie di chiunque, nella nostra memoria e nel nostro immaginario, definiamo Maestri.