di Irene Auletta
Devo ringraziare Luisa, una collega, perchè ancora una volta, parlando con lei ho potuto rimettere in forma, e in forza, pensieri che da anni provo a condividere con molti genitori e operatori. Poi, evidentemente, le similitudini si cercano e ritrovano in molti echi e, proprio pochi giorni fa, ho utilizzato in un contesto formativo un video di una madre che, dopo aver incontrato la disabilità del proprio figlio, ha introdotto nuovi colori, sfumature e significati nella sua vita.
Con questa testimonianza, sin dalla prima visione di alcuni anni fa, ho sentito forti sintonie su tanti passaggi ma, il suo manifesto del Diritto alla Bellezza, mi ha definitivamente conquistata.
Mi sono ritrovata tanto nelle sue parole che narrano di una bellezza lasciata sovente fuori dalla porta dei luoghi educativi che accolgono persone con disabilità. La bellezza a volte rimane anche fuori dalla porta delle proprie vite, oltre che delle vite dei servizi e continuare a tematizzarlo può essere un modo per non arrendersi al cupo, al grigio e a una visione con possibilità poco vivaci.
Come operatori, chiedersi cosa sta a cuore del proprio lavoro e nutrire la consapevolezza di quel sottile dialogo quotidiano che si istaura tra lo sguardo delle persone con disabilità, ma anche dei bambini, dei ragazzi, degli anziani, e quanto li circonda negli spazi dove trascorrono tante ore della loro giornata, mi sembra un punto fondamentale da non smarrire.
Le anime risuonano di ciò che lo sguardo riesce a trattenere e, proprio nelle situazioni che accolgono persone con fragilità, la bellezza non può e non dovrebbe essere un optional.
Nel suo testo La via della bellezza, Vito Mancuso traccia un percorso che va oltre la pura dissertazione estetica per diventare una sorta di storia poetica del sentimento del bello. “Una riflessione che diventa un’avventura alla ricerca delle sorgenti della bellezza, per poter riconoscere la bellezza stessa in tutte le sue più svariate epifanie, per gustarla appieno, per farne un nutrimento dell’anima e del pensiero”.
Io quel bello, figlia mia, non smetterò mai di nutrirlo e la mia forza è tutta lì, nel vederlo risplendere nei tuoi occhi e nel tuo sorriso.
Speriamo di essere contagiose.