Di Igor Salomone

Figli, ascoltate l’educazione della bocca, chi l’osserva non si perderà.

Il peccatore è vittima delle proprie labbra, il maldicente e il superbo vi trovano inciampo.

Bibbia, Sir. 23 7-8


Ho imparato nella vita a ritenermi responsabile di quello che faccio e dico, non di quello che penso. I miei pensieri sono affar mio e, spesso, sono al di là del mio controllo. 

Come credo succeda a tutti, pensieri mostruosi attraversano la mia mente, per esempio quando leggo di quel padre che ha abusato sessualmente della figlia di due anni e mezzo fotografandola e poi mettendo in Rete gli scatti. Quanti pensieri di morte sono esplosi nel mio cranio al solo pensiero che qualcuno possa far del male a mia figlia? Io non governo queste reazioni emotive, accadono e le accetto. 

Ma dirle è tutt’altra cosa. 

Certo, è possibile farlo dallo psicanalista o con un prete, oppure anche con un amico o persino su Facebook se lo si fa per prenderne distanza, per dire guarda che pensieri tremendi mi hanno avvelenato l’animo.

Succede invece che molti, forse immaginando che abbandonare un pensiero sulle onde digitali sia come parlare a se stessi, diano libero sfogo ai mostri interiori. E questo non va bene.

Mi hanno insegnato a pensare prima di parlare, mi hanno insegnato a misurare le parole, mi hanno insegnato a scegliere cosa dire e cosa tacere. Ma siamo tutti vittime di una cultura che ha scambiato l’autenticità con la totale assenza di freni, confuso la schiettezza con la violenza verbale, ridotto la libertà di parola a rutto libero e fanculo alle buone maniere. 

Nel giro di due giorni ho sentito un padre di famiglia dire che quell’altro padre abusante e pornopedofilo dovrebbe essere scuoiato vivo senza processo e una madre accusare sua figlia di quattro anni di non essere per nulla generosa e, accompagnando le parole con il gesto delle dita, di avere un cuore piccolo così. 

Occorre educare la bocca perchè le labbra siano il filtro necessario tra ciò che può capitare di pensare e quello che ci assumiamo la responsabilità di dire.

Scegliere le parole non è ipocrisia, è un segno di civiltà.