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di Igor Salomone

 

Frastornato. Così mi sono sentito uscendo dalla sala dopo aver visto il terzo film della saga Hotel Transilvania. Frastornato e rintronato. Persino un po’ inebetito. Bello il film, bella l’idea, ma il volume, il ritmo, la velocità delle azioni, persino i movimenti dei personaggi era tutto troppo. Il duello finale a suon di musica poi, addirittura techno-psichedelico. Ed era un film per bambini. Hanno sofferto, nell’ordine, le mie orecchie, i miei occhi, il mio stomaco.

Oddio, non vorrei seguire le orme di mio padre che considerava rumore le canzoni dei Beatles, ma mi chiedo quale possa essere il limite. Di solito le nuove generazioni tendono a preferire tutto ciò che si allontana dai gusti delle generazioni precedenti, ma in fatto di casino il trend non sembra invertirsi, i decibel aumentano, i ritmi si esasperano, i colori si affastellano, le luci straabbagliano. Quand’è che i giovani inizieranno a considerare cool e smart il silenzio, la lentezza, lo sfumato?

Intanto dovremo prepararci a una generazione di sordi isterici. Anzi, probabilmente ci siamo già in mezzo. Dice che i bambini d’oggi sono sopra le righe, urlano spesso e volentieri, sono incapaci di stare fermi. Ieri a vedere Hotel Transilvania 3 ce n’erano a frotte, di età precosissima. Ma come vuoi che venga fuori tuo figlio se a meno di due anni è già immerso in una follia del genere? Avete presente lo spettacolo nello spettacolo che si ripete ormai a ogni intervallo di film per bambini? Decine di corpicini impazziti che si precipitano giù dalle gradinate, invadono lo spazio antistante lo schermo e corrono, roteano, cadono, urlano. Cinque/sei anni e sono già pronti per i rave.

Poi siamo scesi dal livello cinema del multisala e, all’uscita dell’ascensore, ci siamo trovati davanti all’iperbole: un negozio enorme di quelli sparsi ovunque in città tappezzato di ogni tipo di dolciumi, tanti, tutti coloratissimi, sparati con una luce al neon che rendeva il quadro complessivo ancor più allucinante. Willy Wonka al cubo. Allora ho capito.

Il problema non è Hotel Transilvania 3, e nemmeno il cinema. Il problema è la compulsione sempre più ossessiva al Troppo. Viviamo in un mondo che al confronto il Paese dei balocchi di Pinocchio era un supermercato sovietico dei tempi di Breznev e se va avanti così, fra vent’anni Hotel Transilvania 3 sarà percepito lento come un film di Antonioni o di Tarkowsky. Sempre che ci arriviamo.
Siamo saliti in auto, ho spento la radio e siamo tornati a casa in silenzio, godendocelo. Appena i miei neuroni si sono riavuti dal bombardamento a tappeto, un pensiero lucido ha iniziato a farsi strada: dobbiamo educarci al meno. Non si tratta di decrescita o di fantasie bucoliche di ritorno a un’economia di sussistenza, si tratta di voler avere meno se vogliamo che il mondo la smetta di volerci offrire sempre di più. E se vogliamo sopravvivere.