v-dobe-pracovni-neschopnosti-se-nelze-evidovat-na-uradu-prace

 

di Igor Salomone

“Prego, venga avanti”. La cassiera mi fa cenno di avvicinarmi, bypassando un po’ di persone che, nel frattempo, ci stavano cedendo il passo spontaneamente.

MI fa sempre un certo effetto l’attenzione, quel minimo sindacale di attenzione, che ci viene rivolta quando porto in giro mia figlia accomodata felicemente sulla sua carrozzina. C’è una soglia oltre la quale quell’attenzione scatta. Non nella folla distratta, che mi tocca sempre fendere utilizzando i predellini per i piedi come rostri, ma nelle situazioni in cui si incrociano gli sguardi: alla fermata dell’autobus, in una sala d’attesa oppure in coda al supermercato. MI fa sempre un certo effetto perchè a me sembra di essere mediamente invisibile. Ok, sto spingendo una carrozzina con una persona disabile, ma ormai per me questo è normale. Nelle attenzioni altrui, invece, si rispecchia la nostra diversità.

Contento per questa opportunità, dopotutto eravamo alla cassa con priorità per donne incinta e disabili, avanzo e salto un po’ di posti, fermandomi dietro un terzetto che non sembra intenzionato a spostarsi per farci passare. Lui è un uomo anziano, sull’ottantina, vabbè, non mi pare il caso di questionare, penso. Getto un po’ più in là lo sguardo e vedo due donne: la prima più o meno coetanea dell’uomo, la seconda intorno ai cinquanta. Guardo con più attenzione, sopratutto ascolto, suoni e gesti inconfondibili, comunicazioni sottili tra i due signori con i capelli bianchi e la donna-ragazza-bambina tra loro. E in un lampo capisco.

E’ strano, in un pomeriggio qualsiasi della settimana, in giro con quattro gambe e quattro ruote come fosse la cosa più ovvia del mondo, trovarsi davanti, in coda al supermercato, il proprio destino