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di Igor Salomone

C’erano una volta i giochi da cortile. Quando ancora esistevano i cortili.

Probabilmente chi legge e ha meno di trent’anni non ha neppure il ricordo di cosa fosse un cortile, figuriamoci dei giochi che  vi giocavamo. Il pallone, per fortuna, era vietato e noi, per trascorrere le ore insieme nel cortile condominiale, avevamo a disposizione solo noi stessi e un lungo repertorio di giochi di gruppo: ce l’hai, Napoleone, guardie e ladri, un due tre stella, la cavallina, nascondino, i difetti, strega comanda color, dame e cavalieri, il telefono senza fili… corredati di filastrocche per fare le conte, regole di funzionamento e un intero glossario di espressioni gergali. Tutto rigorosamente tramandato da bambino a bambino senza alcun animatore che li suggerisse, senza alcun adulto che li organizzasse, senza alcun genitore che facesse da arbitro. Fantascienza.

Pare che in questi giorni a Bergamo si terranno i campionati mondiali di nascondino… Maddai?! Non vedo  ragazzini giocare a nascondino da tempo, qui sul litorale adriatico di queste vacanze 2015 solo pallone, racchettoni e qualche rara pista di biglie scavata nella sabbia. Però nascondino è arrivato ai campionati mondiali. Di più: sarà tra le discipline dimostrative a Tokyo 2020.

Non ho mai amato gli atteggiamenti nostalgici, quelli che una volta sì che il mondo era vero, mentre adesso è tutto pessimismo e fastidio. Se  strega comanda color o un due tre stella saranno destinati all’estinzione, me ne farò una ragione. I giochi sono come tutte le cose vive: nascono, si sviluppano, se sono fortunati raggiungono un momento di gloria più o meno lungo, poi entrano in una fase di decadenza e alla fine scompaiono. Mi preoccupa assai di più invece la scomparsa sempre più rapida del gioco libero al quale quei giochi a pieno titolo appartenevano. Quello che permetteva a bambini e bambine, a ragazzi e ragazze, di misurarsi tra loro senza il perenne fiato sul collo di qualche adulto solerte.

Alla fine, nascondino era questo: un’occasione per reinventarsi lo spazio più o meno anodino di un cortile scovando pertugi improbabili per dileguarsi, un gioco per emozionarsi nascosti allo sguardo di tutti possibilmente in un punto dove poter vedere tutti, un’esperienza di gioco collettivo nel quale ognuno gioca per sé, ma l’ultimo gioca per tutti. MI chiedo quanto di tutto ciò può essere strutturato in uno sport olimpico. Staremo a vedere. Molto probabile però che diventato tale, i ragazzini torneranno a giocarlo ma, temo, in un campo di gioco predefinito, regole federali, arbitri e guardalinee e con i genitori sugli spalti a fare il tifo…

Il podio trasforma tutto ciò che aspira a salirvi. Non resta che aspettare cosa diventeranno guardie e ladri o dame e cavalieri, nonappena il Coni ne riscoprirà l’esistenza.