Saturimetro
di Igor Salomone
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No Luna, dai, non puoi alzarti adesso, ti sei appena svegliata dall’anestesia. Anzi, non ti sei ancora svegliata del tutto e fatichi persino a metterti seduta sul letto, dove vuoi andare, scusa? Finisci almeno di aprire gli occhi che le palpebre sembrano di piombo…
Un turbinio di personaggi ha lasciato da poco la stanza. Ausiliari, infermieri, anestesisti, gli ultimi ci hanno lasciato in custodia un saturimetro, o saturometro?, insomma, uno di quegli aggeggi che serve a capire se hai abbastanza ossigeno nel sangue e ti fa stare incollato con il naso sul display a seguire il su e giù dei numeri. Siamo stati un quarto d’ora in quattro a tifare per uno striminzito 90 per cento, al ritmo irregolare da un bip noioso e insistente.
Ora tu potresti riposare, o comunque darti il tempo di riemergere da un’anestesia generale che non è mai uno scherzo e invece stai contorcendoti sul letto per metterti seduta.
Provo ad accarezzarti, a parlarti dolcemente e sottovoce vicino alle orecchie, ti scaldo le mani freddissime, mi siedo vicino a te per darti sicurezza, ad abbracciarti caso mai il risveglio ti spingesse a un contatto fisico più diretto e consolante. Niente… Vuoi alzarti. E’ che non hai affatto l’aria di riuscire a reggerti in piedi. Oh insomma! fai un po’ quello che vuoi, tirati su e vediamo…!
Luna, con uno sforzo pazzesco, anzi due, per mettersi a sedere sul letto e tenere gli occhi almeno un poco aperti, butta giù le gambe dal letto, non accenna minimamente ad alzarsi, ruota verso il fondo del materasso, allunga le mani, afferra il saturi(o)metro, fissa per qualche secondo il display e poi se lo porta all’orecchio, tornando a sdraiarsi…
Tanto per cambiare non ho capito un tubo. Tanto per cambiare la prima cosa che mi viene in mente è che tu voglia fare qualcosa che per me non ha senso. Tanto per cambiare riesci a darmi una lezione anche se non ti sei ancora liberata del tutto dal Penthotal. La domanda, in effetti, è chi dei due fosse quello anestetizzato.
Vederti svanire verso la sala operatoria, anche se per una “banale” endoscopia, intontita ma sveglia, mentre ci cerchi ancora con gli occhi senza avere neppure la più vaga consapevolezza del motivo per cui ti abbiamo portata sin lì, dopo una preparazione pesantissima, e poi abbandonata nelle mani di estranei, è un costo insostenibile che, alla fine e come sempre, dobbiamo sostenere.
Vederti risorgere dal nulla e sgomitare per tornare te stessa il prima possibile, senza un solo lamento, con determinazione, con la vita tra i denti, ancora una volta, non ha prezzo.