di Irene Auletta

Tutto è nato quasi per gioco, da qualche battuta tra me e Monica Simionato, che ha scritto un bel post che ci ha permesso nuovi scambi.

In realtà la cosa ha preso inizio tanti anni fa, per l’esattezza ventotto.

In occasione del mio primo colloquio di selezione per un impiego di educatrice in una comunità per ragazze madri, lo psicologo (ancora oggi parecchio famoso!), credo, per provocarmi, mi chiese come si vedeva, una ragazza carina come me, a lavorare in una comunità di quel tipo.

A parte che allora non mi percepivo per nulla carina, ricordo ancora bene i pensieri nascosti da un timido sorriso. Ma cosa centra, io sono qui perchè ho fatto una scuola, ho acquisito un titolo, voglio occuparmi di educazione.

In effetti l’incontro con le educatrici, allora presenti in quella comunità, mi aveva abbastanza colpito. Versione casalinghe, ma non di quelle disperate che sembrano tutte appena uscite da una sfilata di moda. No, casalinghe vere e di quelle pure un po’ sciatte!

Negli anni trascorsi in quel centro ho dovuto sudare il doppio per dimostrare che potevo essere anche brava, dire cose intelligenti e avere pensieri acuti. Ma, attenzione, per prima cosa dovevo dimostrarlo proprio alle mie colleghe donne che ogni tanto mi lanciavano qualche battutina: “ma come ti sei vestita per fare il turno in comunità?”.

Ma io, non ho cambiato idea e anzi, con le ragazze ospiti ne approfittavo per parlare di immagine di sè, di cura della persona così come della cura dei bambini e degli ambienti. Giocando con loro ho imparato tantissimo e spero di aver insegnato altrettanto. Ci sono stampini che ti accompagnano nella vita, soprattutto quando sei circondata da donne che hanno scelto una professione di aiuto.

Immagino già di sentire colleghe che, forse un po’ scandalizzate, direbbero: “ma no Irene, stai davvero esagerando!”. Ecco, sicuramente loro sono nella lista di quelle che hanno sovente criticato nel corridoio e che, anni dopo, si sono stupite di una mia idea, proprio mia e non del mio intelligente marito!

Oggi, il mio parrucchiere, commentando la mia tinta bionda ha sottolineato che secondo lui, che mi conosce da tanto tempo, sono una donna che ha sempre bisogno di sole e di luce.

Detto così, mi piace e mi ci ritrovo. Credo che la stessa cosa valga per tante altre donne e anche per diverse mie colleghe.

Noi ci prendiamo cura e delle cura trattiamo nei nostri incontri con gli operatori, con le famiglie, con i bambini e con i ragazzi.

Per me si parte da qui e la cura della mia persona parla di questo, perchè credo che nell’incontro con l’altro, la nostra persona preceda, quasi sempre, le nostre parole.

Di parrucchieri come il mio ce ne vorrebbero di più, e magari anche nei luoghi educativi, perchè nelle sue parole c’era una saggezza seria e profonda, dove il sole e la luce, parlano di qualcosa che ha più a che fare con l’anima che con le banalità di “trucchi e balocchi”.

Beata chi l’ha capito!