Di Irene Auletta
Oggi pomeriggio, supervisione a un gruppo di educatori.
Tra questi, qualche tempo fa, ho riconosciuto la figlia di una collega incontrata all’inizio della mia vita professionale e che ormai non è più tra noi da parecchio tempo.
La collega era di nazionalità argentina e oggi, per la prima volta, ho sentito la figlia parlare la sua lingua d’origine.
Ero nella stanza accanto e, a rischio di fare l’invadente e la poco educata, mi sono regalata l’ascolto di quella telefonata.
A occhi chiusi non ho avuto dubbi, quella era proprio la voce di Annalia che non sentivo da oltre vent’anni e mi sono gustata una grande emozione.
Appena la figlia è entrata nella stanza, dove mi ero accomodata, non ho potuto nascondere quello che avevo appena vissuto e così le ho detto: “certamente ti avranno già detto che hai la stessa identica voce di tua madre!”.
Con gli occhi lucidi, che hanno incontrato i miei ancora commossi, mi ha detto che nessuno le aveva mai fatto notare questo particolare e che mi ringraziava di cuore per il bel regalo che le avevo appena fatto.
Il ricordo, la memoria, la stessa voce e un incontro di emozioni.
Ecco quello in cui credo, senza il bisogno di andare oltre.
E ciò in cui credo, oggi mi ha riempito il cuore.
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