Ecco sì, uno shock culturale. Esattamente quello che ci vuole Sono d’accordo con lo scritto di Sandro Gozi sull’Unità di oggi, 9 ottobre, pagina 23. Anche perchè senza traumi da questa situazione non ne usciamo. Bocca ha detto oggi in un’intervista sullo stesso giornale che se ci siamo liberati del fascismo, ci salveremo anche dal berlusconismo. Però ha omesso di dire che c’è voluta una guerra (persa) e un disastro inenarrabile per riuscirci. Ora dunque possiamo solo sperare che il trauma necessario possa essere “solo” culturale. E’ l’ultima speranza che ci rimane.
E provo a dire la mia circa il come contribuire a produrlo: occorre guardare le cose con una prospettiva radicalmente diversa. Occorre anche essere radicali (almeno) nelle analisi e dirsi che se l’opposizione è afasica, è perchè si è fatta sottrarre tutti i grandi temi che dovrebbe elaborare.
Primo esempio tratto dalle cronache: l’insulto vergognoso a Rosy Bindi. Bene la solidarietà, ma non serve a nulla limitarsi alla condanna rituale del maschilismo brutale e rozzo di cui Berlusconi e cloni si sono fatti paladini. C’è un problema di fondo che l’elaborazione culturale democratica ha smarrito: la differenza tra uomo e donna che produce conflitti di sguardi sul mondo. Anch’io, in quanto uomo, ho una serie di motivi per essere incazzato con il genere femminile. Dove come e quando posso parlarne con un minimo di serenità e un massimo di intelligenza con altri uomini e con le donne, senza confondermi con i bassifondi culturali che ci governano ma, anzi, combattendoli proprio per questa via?
Secondo esempio: Brunetta e la sua battaglia contro fannulloni e oligarchie. Per professione e passione, scrivo, insegno e parlo con centinaia di persone da decenni, lottando da altrettanto tempo contro tutte le oligarchie che malsopportano la mia totale mancanza di deferenza e sudditanza nei loro confronti. E pago quotidianamente in prima persona questa scelta. Dove come e quando posso parlare con un minimo di serenità e un massimo di intelligenza con tutte le persone che amano come me più la libertà che le appartenenze, senza confondermi con chi le oligarchie le combatte in nome di un potere assoluto e monocratico?
Ma questi potrebbero essere problemi miei. Un problema di tutti invece, o almeno di chi ha a cuore la democrazia e la dimensione del bene comune come scopo primario di ogni forma della “politica”, è capire che i conflitti non si nascondono solo perchè gli “altri” li agitano. I conflitti si attraversano sino in fondo e radicalmente. Imparando a conviverci dando loro un senso.
Shock culturale oggi è dire ad alta voce che non si può salvare qualsiasi cosa solo perchè l’avversario lo attacca. Che l’Università è un bene pubblico prezioso e proprio per questo va liberata dai centri di potere che la dominano. Fare quadrato difendendola “a prescindere” è miope e perdente. Che le ragioni del maschilismo affondano in una rabbia ancestrale radicata nella differenza tra i sessi, che va dunque affrontata e compresa. Nasconderla in nome di una solidarietà pelosa che sa di galanteria rituale, ovvero della faccia buona del maschilismo, è altrettanto miope e perdente.
In altre parole “schock culturale” significa riappropriarsi delle categorie di conflitto e di lotta. Strappandole definitivamente dai quadri ideologici ormai ingenui e stantii di fine ottocento. Perchè lotta e conflitto sono il sale della vita, non il male necessario per arrivare alla società “nuova”, come si diceva una volta, o a quella “normale”, come si ama dire oggi. E perchè nella lotta e nel conflitto, l’avversario è sempre il potere anche se lo incarna un tuo collega o magari un tuo amico o, magari, la persona che ami. E la posta in gioco non può essere, di conseguenza, il potere, altrimenti il conflitto è destinato a perpetuarsi in una lotta sempre uguale a se stessa. La posta in gioco è l’intelligenza. Ovvero la possibilità di capire con intelligenza il mondo e di permettere, attraverso la comprensione del mondo, la crescita dell’intelligenza individuale e collettiva.
Di fronte all’imbecillità e all’abbrutimento sociale dilaganti, mi pare che questo sia l’unico programma politico rivoluzionario si possa oggi riuscire a immaginare.
Ott 09, 2009 @ 18:47:07
Ott 12, 2009 @ 15:22:55
E’ una riflessione interessante, soprattutto perchè apre alcune porte, e libera energie per la dicibilità delle cose.
Insomma una riflessione che apre la porta alla prassi.
Nella mia quotidianità di blogger incontro un sacco di insegnanti, impegnati, impegnatissimi a difender la categoria dalla riforma Gelmini. Ma spesso tra le righe si legge il disagio per ciò che la scuola non è, ma rimane una lamentazione tanto dolorosa quanto afinalistica, perchè sembra mancarle la forza per affrontarla più decisamente. Le energie sono impegnate a difendere ogni attacco, a rintuzzarlo, a dire cos’è che non va di questa riforma.
Come a dire che una Riforma Stupida ingaggia l’intelligenza ad un livello basso, e ne vincola le potenzialità.
Se la scuola è in crisi forse è necessario che chi ci vive lo dica, analizzandone fino in fondo le criticità ed i vincoli, invece di proteggerli di default. Così come lo si deve fare in educazione.
Stesso discorso va posto, per esempio, per la “campagna anti papi” di Repubblica, che difende l’onore delle donne offeso dalle battute del Presidente del Consiglio, senza mai guardare l’homepage del proprio sito on line dove l’immaginario femminile evocato è il medesimo del quale “l’Utilizzatorre Finale” fa buon uso.
Allora mi chiedo qual’è la differenza tra un premier che usa escort e un giornale che affida il suo successo a sflize di donne nude? Quando entrambe, su piani diversi, affermano di volerne la tutela?
Ma da qui, e la mia prassi quotidiana sul blog già è orientata in questo modo, dove vado oltre?
Posso dire che si, ho cominciato la mia microrivoluzione contro la semplificazione, la banalizzazione, e la stupidità, ne sto prendendo coscienza, per smontaretutto ciò proprio a partire dalla mia medesima stupidità banalizzante.
E poi ….
Ott 19, 2009 @ 12:55:04
La strada che indici è impervia ma affascinante. Credo che ciascuno di noi possa provare a praticarla, magari mettendosi in cammino con qualche compagno di viaggio che non pretenda di omologarsi al tuo passo ma che proceda con te al proprio.
Io sto cercando ripartendo da me….con gli altri, ma fondamentalmente da me…vuoi per età, vuoi per propensione. Dal dialogo, purtroppo interrotto, tra l’anima (femminile)e l’animus (maschile). Grazie Igor
Ott 19, 2009 @ 15:00:56
La strada che indichi è impervia ma affascinante. Si può provare a percorrerla magari con qualche compagno di viaggio che non voglia omologarsi al tuo passo ma che ti accompagni con il proprio….io ci provo…ricominciando da me…un po’ per età, un po’ per propensione.
Cercando di far dialogare, perchè il dialogo si è interrotto, l’ “anima” (femminile) con l’ “animus” (maschile). Grazie Igor