
di Igor Salomone
Venticinque anni e non dovresti essere qui. Oppure ci saresti, giusto per passare assieme un po’ di tempo, quotidianamente trascorso lontana per motivi di studio, lavoro o amore. Venticinque anni tuoi sono venticinque anni aggiunti ai miei da quando sei comparsa al mondo, un quarto di secolo intenso, faticoso, drammatico e bellissimo. La nostalgia mi pervade, nonostante tutto. Sei stata bambina anche tu e i miliardi di foto che ti ho scattato stanno lì a testimoniarlo, riempiendomi gola e naso di un groppo difficile da sciogliere.
Non so esattamente quando sia iniziato, ma c’è stato un momento nel quale abbiamo raggiunto un bivio: prima eri una bambina che frequentava altri bambini, certo molto diversi da te e sempre più diversi col passare degli anni. Dopo tu sei stata sempre la stessa, con una luce di maturità in più nello sguardo, e io sono invecchiato.
Ciao come va? Come stanno i tuoi figli? Ah ormai sono grandi, chi li vede più? Uno è all’estero per un master, l’altra è in giro per l’Europa in cerca della sua strada. Il mio fa il dj a Creta, sai quello più grande? È in Australia e prima o poi ci andremo anche noi. All’estero anche il tuo? No, ha aperto un bar nell’Hinterland e sta andando benissimo. Purtroppo il mio è ancora in cerca di lavoro, non trova nulla e passa da un impiego temporaneo a un altro. Però si è fidanzato e sta cercando di capire come fare per mettere su casa. I miei invece hanno avuto entrambi dei bambini splendidi e io sono diventato nonno mio malgrado. Ma dimmi, e Luna? Luna sta bene, frequenta un centro tutti i giorni e lo farà per i prossimi venticinque anni, presumibilmente e se tutto fila liscio.
Di te figlia mia mi sono perso l’adolescenza, la giovinezza e ora l’adultità. Non perchè tu a tuo modo non abbia attraversato queste fasi della vita, perchè queste fasi della vita non hanno nulla a che fare con ciò che un genitore si aspetta, sia che le desideri, sia che le tema.
Non so esattamente quando sia accaduto, ma c’è stato un momento nel quale io, tu e tua madre abbiamo incontrato un bivio. Da una parte svoltavano tutti i nostri amici e con loro gran parte del mondo conosciuto, dall’altra abbiamo svoltato noi, insieme allo sparuto drappello di quelli come noi, allontanandoci ogni giorno di più dal flusso che ha imboccato l’altra via.
Poi non so dire chi sia più fortunato. Tu sei l’unica figlia, dunque cosa riservi la strada che non abbiamo potuto intraprendere mi è del tutto oscuro. Certo è che la vita con te è stata per venticinque anni ricca di gioie e di dolori, come quella di tutti i genitori ma per motivi che nessun genitore può comprendere se non ha avuto figli come te. Quindi che auguri farti considerando che gli auguri fatti a nostra figlia tornano immediatamente indietro a me e tua madre? Che auguri servono a vite destinate a essere sempre un po’ uguali a se stesse? Forse l’auspicio di poter invecchiare assieme nei prossimi venticinque anni, con un pizzico di serenità in più e la struggente nostalgia del tempo che comunque sarà passato.
Ott 20, 2022 @ 13:06:03
Innanzitutto grazie per la bellezza di queste tue parole.
Curiosamente anche io, in questo mese (per “colpa” anche di alcune letture), ho ragionato molto sul difficile mestiere di Padre.
È vero che, a un determinato punto, si prende un bivio. Dal mio punto di vista, però, non lo si prende per gruppi (uno grande e uno sparuto): per ogni figlio ce n’è uno diverso.
Il che complica maledettamente la faccenda, che comunque, al netto di tutto, è perfetta così. 🙏🏻