di Igor Salomone

Mi sento stupido. Mi capita raramente, lo ammetto. Proprio per questo mi stupisce il sentirmi stupido, o forse stolido, stonato, storto, persino strattonato. Anzi, sopratutto strattonato, da una parte e dall’altra, da sopra e da sotto, strattonato dai convinti, o meglio dalle convinzioni dilaganti. Non ci sono i numeri, ma nel mezzo di questa interminabile emergenza sanitaria, a me pare in rapida crescita la certezza di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato fare. Sopratutto cosa è sbagliato. Forse la vera pandemia è questa. 

Quindi mi sento stupido, perchè quella certezza non mi ha ancora contagiato. Un metro, un metro e mezzo, mascherine sì mascherine no, chiusure anticipate dei bar, sì a questo e no a quell’altro, il Covid-19 esiste, il Covid-19 non esiste, esiste ma non è pericoloso come vogliono farci credere, esiste e non ne abbiamo ancora capito la vera pericolosità, la colpa è dei cinesi, no la colpa è di chi non rispetta le misure prese, no la colpa è di chi si adegua e accetta misure liberticide.

Sembra di stare in un bar, quelli di una volta pieni di fumo e con la gente appressata, nel mezzo di un’accesa discussione calcistica, la domenica sera. Tutti sapevano tutto, discutevano  nei particolari ogni passaggio, ogni goal, ogni calcio d’angolo, ogni formazione o schema tattico, con la competenza di un commissario tecnico. Trenta milioni di commissari tecnici. Meno uno: il sottoscritto. Anche allora mi sentivo stupido, anzi no, disinteressato in realtà, alla fine a me del calcio non è mai fregato un tubo. Però non posso dirmi altrettanto indifferente alla salute pubblica. E non riesco a capire come i trenta milioni di commissari tecnici si siano trasformati di botto in altrettanti virologi, epidemiologi, ministri della salute, presidenti del consiglio. 

Il fatto è che non saprei assolutamente cosa fare nei panni di uno o una qualsiasi dei personaggi che da mesi si affannano a mettere toppe più o meno grandi per tentare di contenere e poi, si spera, debellare la pandemia. E non vorrei neppure trovarmici. Preferisco stare nei miei di panni, continuando a interrogarmi su ciò che questa situazione mi sta insegnando e può insegnare. 

Ci pensavo, ancora una volta, ieri mattina. Ennesimo Dcpm, tutto ancora da leggere nel dettaglio e da interpretare, gli sport di contatto amatoriali di nuovo sospesi (perchè poi solo quelli amatoriali? se uno è un professionista è immune al virus? vedi come è facile trovare delle insensatezze in questi provvedimenti?)

La mente corre subito al mio corso di arti marziali e ai miei allievi. Sicuramente nella chat si rincorreranno domande in cerca di risposte. Cosa facciamo? ci salutiamo in attesa di tempi migliori covando nel frattempo rabbia e frustrazione per il destino (o il governo) cinico e baro? ce ne freghiamo in un impeto di ribellismo organizzando incontri carbonari in qualche landa sperduta? stringiamo i denti allestendo qualche allenamento on line per tentare di trattenere almeno un contatto, visto che non sappiamo quanto durerà questa nuova fase? Sono tre soluzioni diffusissime e ben al di là del mondo delle arti marziali, ma mi sembrano riposte a domande mal poste. 

Se c’è una cosa che ho imparato e sto cercando di insegnare dall’arrivo del Coronavirus in poi, è che se le condizioni cambiano, cercare di trattenere qualcosa di ciò che era possibile prima e ora non lo è più, è perdente. Io preferisco lasciare spazio a ciò che prima non era possibile e che ora le nuove condizioni permettono. Per esempio, nei corsi di arti marziali, o per lo meno nel mio, è difficilissimo parlare di arti marziali, perchè la quasi totalità del tempo è dedicata alla pratica: allenamenti, tecnica, forme, sparring, combattimento. Dal lockdown in poi si è aperto uno spazio enorme possibile di pensiero. E sa dio quanto bisogno di pensare ci sia nella pratica dell’arte marziale. 

Alla fine, se e quando si tornerà alla normalità, avremo sperimentato qualcosa di nuovo. Se e quando, tornando alla normalità, scopriremo che molte delle nuove condizioni dettate dall’emergenza permarranno, avremo imparato a sfruttarle. 

Probabilmente preferisco accettare di scoprire cose che ancora non so e non so fare, piuttosto che sentirmi stupido.