Mentre assisto all’annuale concerto della scuola di mia figlia, mi chiedo cosa ci sia di saggio nei saggi di fine anno.
Poiché mia figlia è disabile e frequenta una scuola speciale, me lo consiglia il groppo in gola. Un groppo che sicuramente attanaglia qualsiasi altro genitore al saggio del proprio figlio. Ma è diverso.
Un saggio offre, appunto, un “saggio” delle abilità sin lì acquisite. Che sia di ballo, musica, teatro o matematica fa lo stesso. Il problema è che se tuo figlio è disabile, il rischio è di avere un saggio delle abilità che non avrà mai. Più che un saggio una certificazione.
Poi guardo Luna. Che si guarda intorno divertita e curiosa. Guardo anche i ragazzi e le ragazze della scuola media che ogni anno, suonando e ballando, accompagnano le danze e i ritmi dei loro coetanei “speciali”. Il risultato complessivo non assomiglia per nulla alle performances dei ragazzi di Sister act o di Tutti insieme appassionatamente. Mi girano in testa due parole: cacofonia e goffaggine.
Ma a nessuno pare fregare nulla. Men che meno a mia figlia.
Tutti sembrano “starci dentro”, senza particolare disagio. I disabili si muovono come disabili, i normali che si muovono assieme ai disabili si muovono peggio che se si muovessero per conto proprio e chi suona fa quel che può per star dietro al maestro, ai compagni che suonano, a quelli che ballano e a tutti gli allievi della scuola speciale che ritmano e danzano.
Quel che conta, evidentemente, è la coreografia non le performances individuali. Con buona pace dei genitori che vorrebbero sempre e comunque veder brillare di luce propria il figlio. E conta che la coreografia si percepisca, che tutti la percepiscano, non che sia alla Saranno famosi. Goffa e cacofonica, la coreografia si vede, si sente, si vive.
Forse se c’è saggezza in un saggio non sta nell’esibire un repertorio di abilità, ma nell’esibirsi destreggiandosi con gioia tra le proprie e le altrui imperfezioni.
Penso che dovrei dirlo a tutti quelli cui toccherà nell’immediato futuro un saggio di fine anno. Ma è inutile. Tanto vale che ci vadano e ne provino il gusto dolceamaro. Starà a loro storcere la bocca insoddisfatti o goderne la leggerezza e il coraggio.
Per quel che mi riguarda, Luna alla fine non ha fatto quasi nulla. Ma quel nulla l’ha fatto con attenzione ed entusiasmo senza dimenticarsi di guardarmi ogni tanto per avere la mia approvazione. Come potrei non esserne orgoglioso?
Mag 30, 2013 @ 21:48:04
Arrivo anche io dal saggio di mia figlia piccola (e dall’aver partecipato ad una dimosrazione al Dragon Day) … tralasciando le sdolcinatezze (pur vere) che ciascuno è speciale etc etc …. quello di cui ho goduto e che mi ha commosso in queste situazioni è il flusso di amore (divertito, diffuso, orgoglioso, serafico, sorridente, giocoso, carico e scarico di aspettativa gioiosa, …per sè, per gli altri, per i/le performers, per gli astanti, per quel che si faceva, per quel che si vedeva …) che letteralmente ha inondato il luogo ed i presenti. 😉 Rod
Mag 31, 2013 @ 06:40:08
Anche tu hai percepito la coralità. Sì, anch’io ho percepito questo 🙂
Mag 30, 2013 @ 22:02:10
Che bello Igor in questo gusto dolce amaro ritrovare raccontata Luna, anche nel suo modo di non far nulla e di esserci in questa situazione nella relazione con te. È un amore 🙂
Mag 31, 2013 @ 06:41:34
Grazie Luigina, bello anche che sia riuscito a dirla. Non è stato facile…