Leggo articoli, post che girano in rete, commenti e non posso fare a meno di chiedermi da quando la barbarie comunicativa ci ha travolti tutti, come un’onda che odora sovente di marcio.
“Voteremo esclusivamente le leggi del nostro programma. E chi non vuole capirlo è un fallito, uno stalker e ha la faccia come il culo”.
“Un mio allontanamento dall’aula per un malessere ha provocato urla del tipo: ‘se ne ha bisogno si metta il pannolone’, pronunciate a voce così alta da giungermi persino nel bagno”.
Il guaio è che questo tipo di comunicazioni si è infiltrato nelle nostre vite, lo respiriamo tutti i giorni e ha finito con il legittimare comportamenti che ogni volta spostano più in là il confine del lecito, del rispetto, della buona educazione.
Stronza non lo vedi che è diventato verde? Una per tutte, raccolta l’altro giorno passeggiando per una via della mia città.
La cosa che mi dispiace, ma davvero tanto, è che ultimamente ogni tentativo di riportare l’attenzione sui toni e sulle modalità, viene spesso liquidata con la richiesta di andare oltre e di guardare la cosiddetta sostanza, il contenuto. A volte questa affermazione la sento fare anche da colleghi o da persone che in qualche modo fanno della comunicazione un loro oggetto di studio. Aiuto.
A parte il fatto che da molti anni un nutrito gruppo di sguardi pluridisciplinari ha sfondato un portone teorico, affermando che la modalità è contenuto, mi chiedo cosa stiamo insegnando ai giovani, ragazzi e bambini che, ogni giorno, si interfacciano con questi adulti e con il loro modo di esprimersi. Io, più che vergognarmi per loro, sono seriamente preoccupata per quanto si insegna senza consapevolezza e senza alcuna coscienza delle brutture che stiamo lasciando in eredità.
Lungi dall’essere pruriti ideologici i miei timori riguardano la nostra storia, la nostra cultura e quanto passa attraverso le relazioni che quotidianamente si snodano tra le persone.
Come riusciremo a digerire l’esposizione a tutta questa aggressività?
I rifiuti tossici da smaltire, di cui si occupano anche tanti urlatori, possono assumere forme assai variegate e forse è giunto il momento di preoccuparsi anche di quelli comunicativi e relazionali che, a ben vedere, mi paiono altrettanto velenosi e nocivi di quelli ambientali.
Mar 04, 2013 @ 13:06:22
…ci penso da un po’ anche io…manca lo sguardo in alto, Irene, manca lo slancio…..lo sguardo oltre…e, allora, tutto e’ “ridotto” a copioni predefiniti, a chi colpisce piu’ forte, senza vedere che, insieme all’altro, si fa fuori anche la propria umanita’
Mar 04, 2013 @ 14:03:02
Il vero problema è il senso del limite, il confine, il recinto. Chiamatelo come volete ma sappiate che… non c’é più. Non esiste in politica, non esiste nella comunicazione, non esiste sui mass media e rischia di non esistere più nemmeno in educazione. Il senso del limite, il confine altro non sono che il rispetto e l’attenzione verso l’altro.
Questo è – a mio parere – lo “sguardo oltre” che manca.
Oltre da me, verso altro da me.
La lotta è uscire da questa filosofia ego-centrata che ci fa dimenticare gli altri.
E quando sono i politici a dimenticare che rappresentano gli altri, il rischio è lo sfascio!
Mar 04, 2013 @ 14:06:23
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/03/amo-bersani-lui-mi-ama-abbassiamo-toni-e-solo-fine-del-mondo/518816/
Devo dire che mi è piaciuto sentirmi molto in linea con questo bell’articolo di Fo. Se l’avete perso … eccolo!
Mar 04, 2013 @ 14:10:05
Mi pare che in questo articolo c’è parecchio di quanto ho sostenuto nel post e nelle riflessioni contenute nei commenti di Monica e Alessandro