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Tutti ci siamo lanciati in veementi predicozzi educativi sin da quando giocavamo alla mamma e al papà.
Per questo è così difficile accreditarsi come pedagogisti: ci sono in circolazione sette miliardi e passa di colleghi
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Dic 30, 2011 @ 09:21:21
verissimo ;))
Dic 30, 2011 @ 10:51:29
Questo è davvero vero, e lo è ancora di più per gli insegnanti. Ho spesso inciampato in questo problema. Quando, dopo un’attenta analisi, esprimi il tuo punto di vista attorno ad un problema educativo, spesso la prima reazione che incontri è che non vieni accreditato come per gli altri professionisti a cui si fa riferimento come esperti della materia. Ancora di più se poi ti permetti di esprimere un parere tra parenti. Il tuo pensiero è percepito semplicemente come “il tuo parere”, fra i tanti.. quello della vicina di casa, dei vari perenti ecc… Ricordo ancora oggi la fatica di far comprendere a dei genitori che il loro figlio a scuola era in difficoltà ed aveva bisogno di approfondimenti neuropsichiatrici. Dopo un lento e attentissimo percorso di comunicazione giocato nella sofferenza tra il dolore inferto e l’accompagnamento, un giorno improvvisamente mi dicono: – Sa ci siamo preoccupati perché la nostra estetista ci ha detto che il bimbo non è normale, forse lei aveva ragione – … la svalutazione del sapere che possiedi è forse la più potente delle resistenze, perché ti azzera. Non sempre si riesce ad istituire un campo dentro al quale le comunicazioni legittimamente prendano senso e a volte purtroppo, ti arrendi.
Dic 30, 2011 @ 10:51:49
Sì, come ci sono in giro 7 miliardi e passa di potenziali politici, dottori, avvocati, allenatori… È sempre difficile riconoscere i limiti del proprio sapere e le conseguenti competenze, in Educazione poi… Ma ammettere di non sapere significa essere meno degni? O piuttosto rende più facile l’imparare, passo necessario prima di poter insegnare e non predicare?
Dic 30, 2011 @ 23:33:10
Sì, Emanuele, però quando ascolto i discorsi da bar sul calcio, gli “allenatori” presenti parlano tutti un gergo molto tecnico. Stessa cosa succede quando vogliamo fare i dottori o gli avvocati. Per essere competenti in un campo specialistico che non ci appartiene, ne scimmiottiamo il linguaggio.
Per l’educazione non accade nulla del genere. Ognuno parla con competenza di educazione con il linguaggio della vita. Perchè è con quel linguaggio che l’ha ricevuta e, ricevendola, ha imparato anche come farla.
Noi tutti rubiamo la lingua degli esperti per fingerci tali. Ma nelle cose pedagogiche sono gli esperti a rubare la lingua di noi tutti….
Dic 31, 2011 @ 14:27:04
Concordo sull’uso dei linguaggi, sui quali ammetto di non aver riflettuto! Ma se viene un allenatore professionista, ascolto e imparo, perchè so che per quanto possa appassionarmi lo sport non faccio questo di mestiere. Idem per il dottore, l’avvocato.
Ma se parla un pedagogista perchè si fa fatica ad ascoltarlo e a riconoscerne il ruolo? Perchè tutti noi siamo educatori, anche se non lo facciamo di mestiere?
Perchè quello che dice tocca il chi siamo e non il chi “scimmiottiamo” di essere?
Se la guardo sotto questa luce, ti dirò che non mi dispiace far fatica ad accreditarmi come pedagogista, almeno per l’aspetto deontologico della professione.
Per quanto riguarda quello imprenditoriale ed economico… tutta un’altra questione!
A proposito, buon 2012!