Repertori
Repertori
L’educazione non è una sequenza di incontri di un’ora, condotti nello spazio protetto di uno studio accogliente, monitorati al riparo di uno specchio unidirezionale, intervallati da tempi lunghi di riflessione, supervisione e riprogettazione finalizzati a capire cosa fare e dire nell’incontro successivo.
L’educazione è continua, pervasiva, incalzante, corpo a corpo. Non ammette timeout per ritarare l’azione in corso. I momenti per la sua preparazione sono strettissimi, quelli per la sua elaborazione spesso nulli. Per questo sono necessari i repertori.
L’allestimento e l’azione scenici hanno ritmi e velocità sostenute. A differenza della scena teatrale, la scena educativa non può contare sulle prove. Ciò che vi accade non può essere predeterminato, al massimo può essere previsto e con un ampio margine di errore. Ogni azione va costruita in tempo reale sulla base di ciò che concretamente sta accadendo e a partire dalle esperienze precedenti. Questo significa che l’educatore si trova spesso a giocare di rimessa, elaborando risposte alle questioni che gli si presentano. Questo modus operandi richiede un alta capacità di improvvisazione, in assenza della quale un educatore standardizza un certo numero di risposte e tende a riproporle con un certo grado di automatismo.
L’improvvisazione non è però mettere in campo la prima cosa che viene in mente. Improvvisare significa rispondere a una situazione determinata proponendo stimoli che aiutino l’evoluzione della partitura, arricchendola e articolandola per ottimizzare le potenzialità educative della scena. Questo insieme di stimoli da cui pescare per costruire esperienza attorno a ciò che accade, è il repertorio.
Per sua natura, quindi, un repertorio è da un lato tipizzato sul contesto educativo particolare che lo costruisce e utilizza. Dall’altro costituisce il precipitato del saper collettivo prodotto dagli educatori di quel contesto.
I repertori si trovano ovunque. Senza repertori ogni scena educativa si ripeterebbe sempre uguale. Ciò che fa la differenza è il passaggio da un repertorio implicito, ovvero nei fatti e nella memoria di ognuno, sopratutto dei più esperti, a uno formalizzato, ovvero condiviso, trasmesso, studiato, arricchito e documentato intenzionalmente.
Un repertorio non è un semplice elenco di giochi, favole da raccontare o libri da leggere. E’ una raccolta di ipotesi di utilizzo di giochi, favole, libri e molto altro, formulate attorno a temi da esplorare e scopi da perseguire.
……………………………………………………………….
L’educazione non è una sequenza di incontri di un’ora, condotti nello spazio protetto di uno studio accogliente, monitorati al riparo di uno specchio unidirezionale, intervallati da tempi lunghi di riflessione, supervisione e riprogettazione finalizzati a capire cosa fare e dire nell’incontro successivo.
L’educazione è continua, pervasiva, incalzante, corpo a corpo. Non ammette timeout per ritarare l’azione in corso. I momenti per la sua preparazione sono strettissimi, quelli per la sua elaborazione spesso nulli. Per questo sono necessari i repertori.
L’allestimento e l’azione scenici hanno ritmi e velocità sostenute. A differenza della scena teatrale, la scena educativa non può contare sulle prove. Ciò che vi accade non può essere predeterminato, al massimo può essere previsto e con un ampio margine di errore. Ogni azione va costruita in tempo reale sulla base di ciò che concretamente sta accadendo e a partire dalle esperienze precedenti. Questo significa che l’educatore si trova spesso a giocare di rimessa, elaborando risposte alle questioni che gli si presentano. Questo modus operandi richiede un alta capacità di improvvisazione, in assenza della quale un educatore standardizza un certo numero di risposte e tende a riproporle con un certo grado di automatismo.
L’improvvisazione non è però mettere in campo la prima cosa che viene in mente. Improvvisare significa rispondere a una situazione determinata proponendo stimoli che aiutino l’evoluzione della partitura, arricchendola e articolandola per ottimizzare le potenzialità educative della scena. Questo insieme di stimoli da cui pescare per costruire esperienza attorno a ciò che accade, è il repertorio.
Per sua natura, quindi, un repertorio è da un lato tipizzato sul contesto educativo particolare che lo costruisce e utilizza. Dall’altro costituisce il precipitato del saper collettivo prodotto dagli educatori di quel contesto.
I repertori si trovano ovunque. Senza repertori ogni scena educativa si ripeterebbe sempre uguale. Ciò che fa la differenza è il passaggio da un repertorio implicito, ovvero nei fatti e nella memoria di ognuno, sopratutto dei più esperti, a uno formalizzato, ovvero condiviso, trasmesso, studiato, arricchito e documentato intenzionalmente.
Un repertorio non è un semplice elenco di giochi, favole da raccontare o libri da leggere. E’ una raccolta di ipotesi di utilizzo di giochi, favole, libri e molto altro, formulate attorno a temi da esplorare e scopi da perseguire.
……………………………………………………………….