Narrazioni
Narrazioni
Educazione e racconto sono intimamente connessi. Da un lato perchè si educa raccontando: fiabe, storie di vita, esempi, epiche, costituiscono da millenni il cuore pulsante dell’incontro educativo. Dall’altro perchè l’educazione va raccontata.
Non c’è mito, storia di dame e cavalieri, gesta di eroi, epopea di esploratori e avventurieri, novella o elegia che non possiedano una struttura pedagogica. E non solo perchè siano pensate per educare, ma anche perchè raccontano direttamente o indirettamente storie educative.
L’educazione, insomma, non ha solo bisogno di raccontare: ha necessità di raccontarsi. Perchè è in questo modo che tramanda se stessa.
La natura trasmissiva dell’esperienza educativa, natura originaria e costitutiva senza la quale non saremmo neppure qui a parlarne, indica che l’educazione non è, né può mai essere, un fatto esclusivamente privato tra educatore ed educando. L’educazione ha a che fare col mondo, che costruisce e racconta al tempo stesso. Dal mondo viene e al mondo vuole tornare.
Ogni educatore reca con sè la precisa responsabilità di dar conto, “raccontare” appunto, di ciò che fa, affinché ciò che fa possa tracimare oltre i confini spaziotemporali del gesto e dell’evento educativo per rendersi disponibile a chi non c’era. A maggior ragione se l’educatore è un professionista dell’educazione.
Non è questione né di marketing né di strategie di comunicazione da appiccicare su un’esperienza naturalmente refrattaria all’immagine e al negozio commerciale. E’ questione di compiere sino in fondo il proprio dovere educativo, narrando l’educazione per poterla trasmettere.
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Educazione e racconto sono intimamente connessi. Da un lato perchè si educa raccontando: fiabe, storie di vita, esempi, epiche, costituiscono da millenni il cuore pulsante dell’incontro educativo. Dall’altro perchè l’educazione va raccontata.
Non c’è mito, storia di dame e cavalieri, gesta di eroi, epopea di esploratori e avventurieri, novella o elegia che non possiedano una struttura pedagogica. E non solo perchè siano pensate per educare, ma anche perchè raccontano direttamente o indirettamente storie educative.
L’educazione, insomma, non ha solo bisogno di raccontare: ha necessità di raccontarsi. Perchè è in questo modo che tramanda se stessa.
La natura trasmissiva dell’esperienza educativa, natura originaria e costitutiva senza la quale non saremmo neppure qui a parlarne, indica che l’educazione non è, né può mai essere, un fatto esclusivamente privato tra educatore ed educando. L’educazione ha a che fare col mondo, che costruisce e racconta al tempo stesso. Dal mondo viene e al mondo vuole tornare.
Ogni educatore reca con sè la precisa responsabilità di dar conto, “raccontare” appunto, di ciò che fa, affinché ciò che fa possa tracimare oltre i confini spaziotemporali del gesto e dell’evento educativo per rendersi disponibile a chi non c’era. A maggior ragione se l’educatore è un professionista dell’educazione.
Non è questione né di marketing né di strategie di comunicazione da appiccicare su un’esperienza naturalmente refrattaria all’immagine e al negozio commerciale. E’ questione di compiere sino in fondo il proprio dovere educativo, narrando l’educazione per poterla trasmettere.
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Educazione e racconto sono intimamente connessi. Da un lato perchè si educa raccontando: fiabe, storie di vita, esempi, epiche, costituiscono da millenni il cuore pulsante dell’incontro educativo. Dall’altro perchè l’educazione va raccontata.
Non c’è mito, storia di dame e cavalieri, gesta di eroi, epopea di esploratori e avventurieri, novella o elegia che non possiedano una struttura pedagogica. E non solo perchè siano pensate per educare, ma anche perchè raccontano direttamente o indirettamente storie educative.
L’educazione, insomma, non ha solo bisogno di raccontare: ha necessità di raccontarsi. Perchè è in questo modo che tramanda se stessa.
La natura trasmissiva dell’esperienza educativa, natura originaria e costitutiva senza la quale non saremmo neppure qui a parlarne, indica che l’educazione non è, né può mai essere, un fatto esclusivamente privato tra educatore ed educando. L’educazione ha a che fare col mondo, che costruisce e racconta al tempo stesso. Dal mondo viene e al mondo vuole tornare.
Ogni educatore reca con sè la precisa responsabilità di dar conto, “raccontare” appunto, di ciò che fa, affinché ciò che fa possa tracimare oltre i confini spaziotemporali del gesto e dell’evento educativo per rendersi disponibile a chi non c’era. A maggior ragione se l’educatore è un professionista dell’educazione.
Non è questione né di marketing né di strategie di comunicazione da appiccicare su un’esperienza naturalmente refrattaria all’immagine e al negozio commerciale. E’ questione di compiere sino in fondo il proprio dovere educativo, narrando l’educazione per poterla trasmettere.
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Educazione e racconto sono intimamente connessi. Da un lato perchè si educa raccontando: fiabe, storie di vita, esempi, epiche, costituiscono da millenni il cuore pulsante dell’incontro educativo. Dall’altro perchè l’educazione va raccontata.
Non c’è mito, storia di dame e cavalieri, gesta di eroi, epopea di esploratori e avventurieri, novella o elegia che non possiedano una struttura pedagogica. E non solo perchè siano pensate per educare, ma anche perchè raccontano direttamente o indirettamente storie educative.
L’educazione, insomma, non ha solo bisogno di raccontare: ha necessità di raccontarsi. Perchè è in questo modo che tramanda se stessa.
La natura trasmissiva dell’esperienza educativa, natura originaria e costitutiva senza la quale non saremmo neppure qui a parlarne, indica che l’educazione non è, né può mai essere, un fatto esclusivamente privato tra educatore ed educando. L’educazione ha a che fare col mondo, che costruisce e racconta al tempo stesso. Dal mondo viene e al mondo vuole tornare.
Ogni educatore reca con sè la precisa responsabilità di dar conto, “raccontare” appunto, di ciò che fa, affinché ciò che fa possa tracimare oltre i confini spaziotemporali del gesto e dell’evento educativo per rendersi disponibile a chi non c’era. A maggior ragione se l’educatore è un professionista dell’educazione.
Non è questione né di marketing né di strategie di comunicazione da appiccicare su un’esperienza naturalmente refrattaria all’immagine e al negozio commerciale. E’ questione di compiere sino in fondo il proprio dovere educativo, narrando l’educazione per poterla trasmettere.
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